Il settore dei trasporti è senza dubbio tra i più direttamente colpiti dalle misure di contenimento dell’infezione da coronavirus: infatti, la prima misura è proprio quella di limitare gli spostamenti delle persone per limitare e ritardare la diffusione del virus. È opportuno osservare tre fenomeni che sono concatenati e che si rafforzano l’uno con l’altro. 1) Prima ancora dell’intervento delle autorità sanitarie e civili, la crescente consapevolezza del rischio ha fatto annullare eventi di ogni genere (incontri di lavoro, convegni, spettacoli, eventi sportivi, ecc.) e ha consigliato persone e organizzazioni a rinviare incontri e viaggi riducendo in modo diretto la domanda di trasporto. 2) Questa riduzione fa in modo che su molte relazioni i fattori di carico, cioè il numero di passeggeri che utilizzano un singolo servizio di trasporto, scendano sotto il livello in cui compiere il viaggio si traduce per il vettore in una perdita economica: questo spinge i vettori, ad esempio le compagnie aeree, a ridurre di propria iniziativa il numero dei collegamenti offerti quando non ad annullarli completamente. 3) Il numero dei collegamenti cancellati crea incertezza sull’effettiva disponibilità dei servizi e dissuade ancor più dall’intraprendere un viaggio.



Siamo nel pieno della crisi e questi tre fenomeni sono in pieno svolgimento, determinando una forte contrazione del numero dei servizi di trasporto: ciò è, innanzitutto, osservabile nel trasporto aereo: è presto per avere dati statistici, ma osservando arrivi e partenze indicate nei siti dei principali aeroporti è possibile registrare una forte incidenza dei voli cancellati: Milano Malpensa 11%; Roma Fiumicino:13%; Milano Linate 22%. Ben più grave la situazione nel principale aeroporto di Pechino, su 1.191 voli programmati ne risultano annullati 590, ben il 50%.



Il trasporto aereo non è certo l’unico settore colpito: le dinamiche citate si ripropongono in tutti i settori, tra cui in maniera molto evidente, in quello ferroviario e nel trasporto pubblico locale. C’è poi in agguato un quarto fenomeno: inevitabilmente, tra le persone contagiate e quelle che, avendo avuto stretti rapporti con un contagiato devono rimanere in quarantena fiduciaria, ci saranno inevitabilmente anche gli operatori del trasporto: la riduzione del personale operativo avrà senza dubbio un effetto, oltre che sulla domanda, anche sull’offerta. Questo è già evidente nel trasporto merci su gomma, dove l’imposizione cautelare di quarantena al personale che ha attraversato zone (o interi Paesi) a rischio sta mettendo in seria difficoltà la capacità operativa di molte imprese.



In questa situazione l’obiettivo principale deve essere quello di mantenere per quanto possibile integra la capacità delle imprese, in modo che una volta passata la fase acuta, siano pronte a rispondere alla ripresa della domanda: il caso della Sars nel 2003, ben più limitato, fece calare del 5,1% i ricavi per passeggero chilometro nell’area, mostrando una decisa curva a V, dove alla rapida caduta è seguita una altrettanto rapida ripresa. Questa violenta e inaspettata crisi farà esattamente quello che fa il virus: uccide in prevalenza quelli che hanno già altre malattie e sono particolarmente deboli. È quindi questo il momento peggiore per cercare di rilanciare Alitalia o Air Italy. Forse, per entrambe, era meglio pensarci prima.

Occorre quindi renderci tutti conto di un fatto molto semplice: questa infezione ha prodotto un enorme danno e nessuno può pensare di rimanerne indenne. Nessuno può pensare che un intervento “pubblico”, dello Stato o dell’Unione europea possa annullarne gli effetti: possiamo e dobbiamo lavorare per distribuire con giustizia i danni, in modo che per quanto possibile, gli effetti negativi, inevitabili, siano ripartiti in modo equo.

Per uscire dalla crisi dobbiamo rilanciare la produzione e quindi la domanda: poiché dobbiamo farlo a debito, e cioè con i soldi delle generazioni future, facciamo in modo che i nostri figli e nipoti, ricevendo un debito si trovino in cambio anche qualcosa di concreto e utile. Questa è la differenza tra spesa corrente, che produce debito senza lasciare nulla, e investimenti, che producono debito ma lasciano qualcosa di utile.

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