La pandemia del Covid-19 ha investito il Cile con numeri importanti (oltre 18.000 infettati, 9.572 guarigioni e 247 decessi), ma, come in Argentina, è arrivato in un momento di sostanziale instabilità politica e sociale che negli ultimi mesi, per errori commessi dall’attuale Presidente Sebastian Piñera, ha messo a ferro e fuoco l’intero Paese. Ma la situazione sanitaria è stata affrontata in maniera più razionale che nella confinante argentina.
Ma come sta vivendo il popolo cileno questa situazione e soprattutto con quali prospettive la gente guarda il proprio futuro, specie se titolare delle migliaia di piccole imprese che, con il loro sviluppo, hanno creato lavoro e che ora si vedono investite anche da questo “tsunami” sanitario? Lo abbiamo chiesto a Bruno Giovo, titolare con Gilda e Hugo di un’impresa che conta 140 dipendenti e che dagli anni Ottanta opera nel settore tessile e moda. “Lineatre”, questo il nome della società, nacque con una boutique in un quartiere elegante di Santiago e in breve tempo, visto il suo successo, divenne rappresentante di Benetton in Cile. Successivamente, alla fine di questa esperienza commerciale, si è sviluppata autonomamente ponendo sempre al centro sia della propria produzione che importazione la moda Italiana, specie attraverso il lavoro di Gilda che per anni ha vissuto nel nostro Paese. Del quale l’intera famiglia Giovo, di origini liguri (che è stata la principale fonte migratoria italiana in Cile) sono orgogliosissimi di appartenere. Da alcuni anni, dopo un’espansione a livello nazionale, la firma ha puntato anche all’Oriente.
Chiediamo quindi a Bruno Giovo di farci un po’ il punto della situazione nel suo Paese chiedendogli informazioni sulla attuale emergenza sanitaria. «Il Coronavirus non ci ha colti impreparati perché abbiamo preso esempio dall’esperienza europea e ci siamo organizzati. Sapevamo della gravità della situazione e quindi fin dal mese di gennaio ci siamo forniti sia di respiratori che di mascherine, ma soprattutto di test, in modo da controllare costantemente la situazione. Per quanto concerne le misure sanitarie in un primo momento l’intervento si è concentrato sulle località più colpite e in seguito le misure di quarantena si sono estese a tutto il Paese elasticizzandole in funzione del contagio. Ad esempio, io oggi a Santiago posso uscire tranquillamente, dopo dieci giorni di obbligo di restare a casa».
Come in Argentina, in Cile il Covid-19 è arrivato in una situazione già critica sia dal punto di vista politico che sociale. Cosa pensi che abbia portato a queste difficoltà un Paese con, almeno ufficialmente, il più basso indice di povertà dell’America latina?
La sinistra è stata sconfitta alle ultime elezioni e questo ha le provocato dolore in Cile, avendo sempre avuto un sistema di comunicazione mediatica molto potente e importante. Anche durante il primo mandato di Piñera otto anni fa i risultati positivi che il suo Governo riusciva ad avere erano sistematicamente oggetto di “bombardamento” mediatico, facendo credere di vivere in un Paese in crisi. Però fortunatamente il confronto sempre presente con gli altri Paesi latinoamericani ci presentava una realtà totalmente differente, ma senza dubbio diffondere l’odio e parlare di disuguaglianze ha effetti molto forti e potenti.
Qualcosa andrà cambiato in questo senso…
Indubbiamente questo Paese aveva e ha molte cose da migliorare prima di meritarsi un dieci e lode, con accordi e alleanze tra potenti impresari con le tre o quattro industrie più potenti del Paese che si univano per creare monopoli. Questo non piace a nessuno perché nel mercato ci deve essere una competitività elevata e molti attori in modo da poter creare le condizioni per uno sviluppo dei vari settori ai migliori prezzi di mercato. E bisogna dire che ai potenti si oppongono migliaia di imprenditori piccoli e medi, gente onesta che, nel pieno rispetto delle regole si sviluppano e danno lavoro. Nelle proteste però ci si ricorda dei soliti quattro che invece non seguono le regole….
Quali errori secondo te ha commesso Piñera al punto di provocare la famosa manifestazione di protesta pacifica e portare un milione e mezzo di persone in Plaza Italia?
Il Presidente in primo luogo è un personaggio antipatico a livello di immagine, dotato di una fortuna economica considerevole, ma, che piaccia o no, all’Università di Harvard ancora lo considerano uno dei migliori allievi, quindi possiede un’intelligenza notevole: certo molti criticano certe sue manovre finanziarie non proprio ortodosse per accumulare i suoi capitali. Senza dubbio a questo punto non ne ha più assolutamente bisogno. Secondo il mio punto di vista, però, Piñera governa da una posizione maggioritaria e questo mette la sinistra nella condizione di votare tutti i possibili progetti per contrastarlo nelle sue politiche, rendendogli la vita difficile. Senza dubbio quando spesso mi reco, durante i miei viaggi, negli altri Paesi del continente latinoamericano ricevo solo elogi perché vedono un Paese indubbiamente ordinato.
In che senso?
Nel senso che in Cile esistono dei controlli finanziari dell’Agenzia delle entrate che sono talmente profondi ed efficienti, basati sul confronto incrociato dei dati, da rendere ogni operazione altamente controllabile ed è quindi impossibile, per esempio, comprarsi una proprietà di un milione e mezzo se si dichiara un patrimonio di un milione: il fatto, oltre che la revoca dell’operazione, dà corso a multe per valori esorbitanti ed è di conseguenza difficile, se non impossibile, aggirare le regole.
Quindi dove sta l’errore di Piñera?
Dovrebbe sicuramente sviluppare molto di più la parte sociale dello Stato per andare incontro alle esigenze delle classi meno abbienti, ma bisogna dire che, sempre rispetto ad altri Paesi sudamericani, il povero in Cile lo è molto di meno che in altre Nazioni.
Come state affrontando la situazione del Covid-19 in seno alla vostra attività e come vedete il futuro del Cile dopo le varie tempeste che lo hanno attraversato?
La situazione è molto preoccupante, la nostra impresa dà lavoro a 140 persone e al momento non stiamo operando e i nostri impiegati, come tutti quelli del settore, godono di una specie di cassa integrazione equivalente al 70% del loro stipendio a scalare, come percentuale, col passare del tempo. Credo che tra dieci giorni torneremo in attività, ma ci troviamo con i negozi pieni di merce e quindi, come l’intero settore commerciale, dovremo ricorrere a saldi. Ma si pensa anche che, con la riapertura delle attività e il ritorno alla normalità, assisteremo, purtroppo, anche alla recrudescenza delle proteste e delle manifestazioni, che riporteranno il caos nel Paese, se, come in passato, verranno distrutti i mezzi pubblici e impedita l’attività economica. Non sono quindi ottimista sul futuro del Cile. Chiaramente assisteremo a perdite del lavoro e gente disoccupata perché molte imprese falliranno.
(Arturo Illia)