Prima ha messo in ginocchio le borse mondiali. Poi è toccato all’economia reale. Il coronavirus ha creato uno stato d’emergenza planetario nel quale il primo mercato mondiale, l’Unione Europea, è destinato ad essere la prima vittima. A cominciare dagli Stati più indebitati e dunque più deboli. La ventilazione polmonare garantita da una banca centrale che non può fare da prestatore di ultima istanza – la Bce – non basterà. Si cercano rimedi, ma non è detto che si trovino, soprattutto “se si cercano soluzioni a problemi che non hanno una soluzione” dice Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano.
Ieri, nel frattempo, l’Eurogruppo dei ministri delle Finanze si è concluso con un nulla di fatto sugli strumenti da utilizzare, Mes compreso, per tamponare la crisi. Giovedì tocca al Consiglio dei capi di Stato e di governo.
Partiamo dal problema dei problemi. L’economia è in sofferenza gravissima e presto sarà ferma. Servono soldi. Dove si prendono?
Laddove ci sono, finché ci sono. Vede, ciò che fa della Ue un caso unico al mondo è che l’Unione Europea non ha una banca centrale. Banca centrale vuol dire prestatore di ultima istanza.
E la Bce non lo è. Nemmeno Bankitalia è più una banca centrale. Forse giova ripetere perché.
Perché Bankitalia, al pari delle altre banche centrali europee, è un semplice anello del cosiddetto “Sistema europeo delle banche centrali” al cui vertice c’è la Bce: un organismo di coordinamento e di emissione dell’attività delle singole banche centrali. E niente di più. È un’imitazione di banca centrale, così come l’Unione Europea è l’imitazione – mal riuscita – di una Federazione.
Un’imitazione di banca centrale, ha detto. Dov’è la differenza?
Per trovarla, basta guardare a quello che ha fatto la Federal Reserve nella scorsa settimana con la linea di swap – e cioè di garanzie – aperta sugli istituti di credito, d’intesa con Bank of England e Bank of Japan. E con l’invito ad altre 25 banche centrali del mondo a fare altrettanto. Noi siamo qui a giocare con i coronabond, gli eurobond, il Mes e la Bei.
È questa l’architrave dell’intera architettura europea?
Sì. Un’architettura fatta per evitare che ci fosse un travaso di ricchezza dalla Germania agli altri paesi. Il cuore del progetto europeo, nella sostanza, è questo. Dogmatismo e opportunismo hanno fatto il resto.
Lunedì l’Ecofin ha detto sì alla sospensione della regola del deficit prevista dal Patto di stabilità. Adesso che cosa succede?
Succede che gli Stati sono temporaneamente legittimati a fare più debito rispetto al passato; però fare debito significa emettere obbligazioni e occorre qualcuno che le compri. Margine di manovra fiscale non ne abbiamo; Spagna, Portogallo e Francia ne hanno poco più di noi. E sono più o meno nella stessa situazione. Solo che Spagna e Portogallo non sono l’Italia. E neanche sono l’Italia altri paesi che hanno meno abitanti della Lombardia, che vivono di biciclette, tulipani e paradisi fiscali. E che pure fanno la voce grossa.
Quali sono le prospettive?
Con un blocco delle attività economiche di cui non sappiamo comprendere la portata, anche perché tutte le previsioni peggiorano di settimana in settimana, il blocco delle entrate fiscali prima o poi genererà dei problemi di fabbisogno di cassa.
Berlino, almeno a parole, ha mobilitato 1.578 miliardi (dati Sole 24 Ore) a sostegno di economia e sanità, tra garanzie ed emissioni di debito pubblico. Perché la Germania può varare misure così imponenti e noi no?
Perché ha un debito pubblico formalmente molto più basso del nostro, pari al 60-70% del Pil. La Germania non conta l’enorme debito di KfW, che è una specie di Cassa depositi e prestiti, tedesca, però fuori dal circuito di contabilità pubblica. Per non parlare dell’enorme buco delle banche tedesche – Deutsche e Kommerz – che fa impallidire i debiti pubblici dei governi europei, Piigs o non Piigs.
Cosa si può dire di questo?
Questa è la vera voragine d’Europa. Cosa che si sa benissimo negli ambienti finanziari, soprattutto oltreoceano. Per questo formalmente può emettere obbligazioni che la Bce acquista senza colpo ferire, perché per le regole europee è sana. Peccato che al di fuori d’Europa la Germania sia un gigante che fa ridere. Ma torniamo al discorso di prima. Il problema è che, per statuto, la Bce non può emettere illimitatamente. Questo è il perno dell’assurda costituzione monetaria messa in piedi a Maastricht nel 1992.
Cosa ci dice l’epidemia da coronavirus?
Che in tutto il mondo c’è una banca centrale che interviene con garanzie illimitate in momenti di crisi, tranne che in Europa. Questo è il momento in cui si capisce a cosa servono le banche centrali. E perché sono state inventate qualche secolo fa. Nelle fasi di ordinaria amministrazione il meccanismo folle disegnato a Maastricht può funzionare. Ed effettivamente fino al 2010 – e cioè fino alla Grecia – ha funzionato: un periodo brevissimo, dal 2001 al 2010, ad essere generosi.
E quando arriva una crisi?
Quando questo accade e questa crisi è molto peggio di Lehmann Brothers, chi non ha una banca centrale è del tutto senza difese. Ed infatti chi guarda queste cose con obiettività, come Ashoka Mody, che prima stava al Fmi e adesso sta a Princeton, mentre altri fanno conticini in cantina, ha ampiamente annunciato quello che sarebbe successo. Solo che qui in Europa non lo si è voluto ascoltare. E abbiamo continuato a guardarci l’ombelico, stando attenti che non si avesse un trasferimento di ricchezza da un’area ad un’altra. Che è poi il pilastro della solidarietà europea, fondata sull’ossessione tedesca di non dover pagare per gli altri. Cosa vuole, è una questione di prospettiva. Alla fine i nodi vengono al pettine. E verranno al pettine prima per alcuni e poi per altri. Nessuno escluso.
La Fed, invece?
La Fed ha i suoi problemi, ma non ha bisogno di fare molto. Basta che manifesti l’intenzione di garantire le emissioni delle grandi banche americane ed inviti le altre vere banche centrali del mondo a fare altrettanto. È quello che quel funambolo di Draghi ha cercato di fare con il whatever it takes del 2012. E per questo è finito davanti al Tribunale costituzionale tedesco perché violava i Trattati. E di fatto li violava. È che i tempi di Draghi sono finiti. E ho paura che senza Draghi altre cose finiranno in fretta.
Dove ci porta questa situazione?
O si cambia il meccanismo di un Unione monetaria senza banca centrale, o altrimenti quell’automobile con le ruote quadrate che è l’eurosistema si rompe una volta per tutte. Vent’anni fa dell’euro si diceva che fosse un calabrone, ma che volava. Adesso il calabrone sta facendo i conti con le leggi della fisica.
All’Eurogruppo è scontro: per l’Italia si parla di una linea di credito Ue precauzionale da 100/150 mld ma Olanda, Germania, Austria, Finlandia chiedono stretta condizionalità. Nemmeno sulle modalità di ricorso al Mes c’è accordo.
Anche se il Mes venisse attivato con le condizionalità che ci vogliono imporre, con la sua dotazione di 410 mld ripartita tra i diversi Stati dell’Unione servirebbe a fornire cassa per un mese o due, non di più.
È stato lei a paragonarlo ad un petardo.
Glielo confermo. Con la disponibilità di cassa che ha non può fare poco o nulla. Può finanziarsi, ma ha sempre dei limiti perché non può stampare moneta. Se non c’è banca centrale, non c’è garanzia illimitata. Figurarsi se possono farlo i suoi surrogati.
Cosa pensa della proposta di Guido Tabellini di far emettere titoli irredimibili dal Mes per venderli alla Bce?
Alla Bce, perché poi il Mes li distribuisca agli Stati in crisi, non si sa in quale proporzione. Una proposta che dà la misura della situazione. Si chiede a Caio (la Bce) di dare soldi a Sempronio (il Mes) perché li trasferisca a Tizio (Italia, Spagna, Francia). E così si crede di eludere il divieto di finanziamento diretto degli Stati dell’art. 123 TFUE. Ma ci si rende conto? E si crede di vendere questo alla Germania e ai suoi satelliti preoccupati dei tassi di interesse al minimo? Neanche 10 giorni fa sull’edizione domenicale della Faz è uscito un documento di economisti tedeschi che chiedevano, a crisi passata, un rialzo dei tassi di interesse perché i fondi pensione tedeschi soffrono. Qualche giorno fa Dombrovskis, un gigante lettone dell’economia europea, ci ha detto che non c’è nessuna crisi, perché al momento tutti gli Stati hanno accesso ai mercati. Questo è il quadro in cui si collocano le proposte dei vari Tabellini e di altri.
Conte è favorevole all’utilizzo di eurobond attraverso il Mes. Basta non sottostare alle condizionalità e si può fare, pensa il premier con Gualtieri.
Quanto al Mes, parlano senza avere contezza di cos’è e di quanto serve. Il Mes è il relitto istituzionale di una stagione, quella del 2010-11, in cui ci si è trovati di fronte ad un problema assai meno grave di quello che affrontiamo oggi. E si è creduto che un fondo di capacità limitata (700 mld da distribuire pro quota) potesse sostituire una banca centrale. Quel fondo non è mai stato utilizzato ed ha galleggiato nel nulla facendo la banca tra le banche, però con uno statuto giuridico molto, molto ambiguo. E ha distorto il mercato, emettendo obbligazioni quarantennali, ed altro, a tassi fuori mercato. Del resto al Mes si può fare quel che si vuole, essendo immuni da ogni giurisdizione.
Quindi?
Il bilancio italiano intermedia 800 mld su un Pil di oltre 1.600. Con il blocco dell’economia prossimo venturo, che cosa sarebbero i 50 mld che ci presterebbe il Mes? Siamo sempre al punto di partenza.
E quanto agli eurobond?
Siamo daccapo. Non si sa neppure chi li debba emettere: la Commissione, il Mes, la Bei, la Bce? Fino ad oggi parole in libertà di chi non sa – o finge di non sapere – cosa sono le obbligazioni e cosa ne sia il mercato. Basta leggersi un Codice civile.
La proposta di Conte è stata stroncata da Altmeier: “C’è già lo scudo della Bce, non si conducano dibattiti fantasma”. Forse è stata bocciata per altre ragioni, non quella che dice lei…
Lo scudo di cui parla Altmeier, forse, è quello dell’Omt inventato da Draghi. Che presuppone la garrota del Mes. Quando questi signori parlano non si capisce mai se siano inconsapevoli o se credono che lo siano i loro interlocutori.
(Federico Ferraù)