Ieri i contagi da coronavirus erano in calo. Una progressiva diminuzione “ciclica” o a spirale che avevamo previsto tramite i nostri modelli “caotici”. Più o meno i contagi (apparenti) calano ogni 4,3 giorni, come fossimo all’interno di una spirale in decrescita verso lo zero. Ad ogni “giro” di spirale, lungo circa dai 4 ai 5 giorni, si ha un lento calo che finalmente ha indotto i più a credere che un vero e proprio picco non esista.
Sono numeri importanti quelli italiani: al 7 aprile 135.586 contagiati e 17.127 decessi. La Cina si è fermata ad 81.000 contagi e 3.331 decessi, ma i numeri di Pechino non tornano praticamente più a nessuno.
Tramite un gioco di proporzione con quelli italiani (o, adesso, anche statunitensi), come abbiamo scritto su queste pagine, è plausibile aggiungere qualche zero al numero di contagi e decessi cinesi. Qualcuno tira in ballo le 21 milioni di utenze telefoniche “decadute”. Un numero che fa riflettere: del resto in Cina il social card tramite cellulare permette d’accedere perfino ai biglietti dei treni. Un caso strano, che unito alle dichiarazioni degli 007 Usa accende il dibattito sulle cifre cinesi.
In Cina però, proprio tra ieri ed oggi è scattata la famosa “fase 2”, ovvero quell’allentamento delle misure restrittive che rende più normale la vita della popolazione. In realtà i controlli in Cina rimangono serrati e chi entra (divieto agli stranieri, se non per certificati e validi motivi) deve sottoporsi a quarantena sorvegliata obbligatoria. A Wuhan in queste ore è previsto l’allentamento dopo quasi 90 giorni.
In Italia siamo ancora lontani dai 28 giorni a contagio zero indicati dall’Oms per dichiarare “conclusa” l’epidemia e riprendere (sempre a gradi) attività di vario genere. Hong Kong ci aveva provato a riaprire cinema e teatri, ma i contagi sono immediatamente risaliti. Singapore, Taiwan ed ora lo stesso Giappone mantengono una stretta sorveglianza negli spostamenti ed assoluto rigore nelle distanze. Il Giappone stanzierà 1000 miliardi per far ripartire il paese e Shinzo Abe in persona ha ribadito il rispetto assoluto delle misure, pena migliaia di vittime. Il Giappone entra nella fase 1, ma lo fa con più morbidezza, tenendo aperte le attività strategiche e chiudendo i locali la sera, oltre alle scuole, già chiuse da sei settimane.
La “fase 2” sognata da molti italiani sarà, invece, numeri nostrani alla mano, come anticipato anche dal ministro Speranza, attiva dalla seconda decade di maggio. Tale fase – che, si badi, non significa “liberi tutti” – andrà a riaprire le attività economiche “asset”, quindi quelle che la prima fase aveva chiuso. Saranno potenziati i servizi a domicilio e con le dovute cautele molti negozi ed attività potranno riaprire, pur in forma ridotta. Medesimo discorso per le produzioni. La filiera produttiva italiana, da maggio, sarà anche in grado di produrre (a pieno regime) mascherine FFP2 e FFP3, di fatto abbattendo i prezzi e rifornendo aziende e cittadini. Fase fondamentale per azzerare del tutto i contagi e preparare la “fase 3”.
Ma nemmeno questa fase sarà un “liberi tutti”: andranno mantenute le distanze e andrà fornito di ausilio sanitario chiunque lavori con pubblico in ambienti chiusi. Stesso discorso per operai ed addetti vari. Sarà ancora possibile uno smart working “generale” per chiunque possa lavorare da casa. È questa la fase in cui anche bar e ristoranti riapriranno, ovviamente sempre a regime di “sicurezza”. Un contenimento “intelligente” che avrà il supporto del tracciamento tramite tecnologia Big Data e tamponi a tappeto con messa in sicurezza delle categorie fragili. Una fase cruciale che dovrebbe portare alla “fase 4”, ovvero quella che ci condurrà all’uscita con in campo un vaccino. La vaccinazione sarà probabilmente scaglionata e certe misure continueranno ad esserci.
È impossibile ora prevedere a livello temporale le varie fasi, ma sarà importante gestire al meglio lo stile di vita. È doveroso, da subito, pensare ad una graduale ripresa – in attesa di capire il volume di miliardi destinati a Pmi ed autonomi – che eviti una “fase 5” di recessione economica da cui sarebbe complesso uscire in tempi brevi.
Alla luce di ciò, un turismo interno favorito da “bonus” da spendere, come suggeriva l’on. Boschi (Pd), non appare così azzardato. Nel breve periodo la domanda estera sarà azzerata a causa delle quarantene in entrata. La “fase 2”, come ricordato in più sedi, vivrà per vari mesi su confini sigillati: sarà fondamentale non avere contagi di ritorno, soprattutto da paesi “in ritardo contagio”. Un aspetto da non sottovalutare o tutti gli sforzi compiuti in questi mesi saranno vanificati. Chi entra in Italia dovrà sottoporsi a quarantena obbligatoria sorvegliata in struttura (come in Cina). Le rotte commerciali saranno ripristinate, ma gli equipaggi, ad esempio dei cargo, non potranno scendere dalla nave.
La delicatezza del lungo ritorno alla normalità non permette errori, innanzitutto per un motivo molto semplice: un’esplosione dell’epidemia di coronavirus al Sud manderebbe al collasso un sistema già provato. Dunque anche gli spostamenti interni dovranno essere monitorati in base al territorio di arrivo e a quello di partenza. A livello organizzativo queste fasi dovranno essere gestite alla perfezione, con serietà, precisione e velocità di intervento. Non potrà esserci spazio per dibattiti sulle frontiere o sulle produzioni; si dovrà solamente remare tutti dalla stessa parte, per cercare di arrivare in massima sicurezza alla fase “vaccino” ed alla conseguente normalità. Come si vede, si tratta di un iter lungo e complesso che richiede ancora molta pazienza.