Manolo Gabbiadini racconta l’esperienza di un uomo che è risultato positivo al Coronavirus. Per la precisione, l’attaccante della Sampdoria è stato il secondo positivo al Covid-19 della nostra Serie A dopo Daniele Rugani e sappiamo che i blucerchiati sono una delle società che hanno pagato il prezzo più alto al Coronavirus in termini di persone contagiate. Molto interessante l’intervista che Gabbiadini ha rilasciato per La Gazzetta dello Sport, perché racconta molto bene l’apparente banalità del contagio, che però può esporre a rischi molto alti. Gabbiadini dunque racconta come tutto è cominciato: “Ho sentito un po’ di febbre la sera di martedì 10. Quella notte ho dormito male, mi sono svegliato spesso e alla mattina mi girava la testa ma non ero caldo. Ho provato la febbre solo per scrupolo e avevo 37,5. Ho chiamato il dottor Baldari della Sampdoria ma non ho pensato al virus. Mia moglie Martina mi ha però suggerito di chiedere il tampone: a casa abbiamo due bimbi piccoli. Il dottore è venuto a farlo e ci siamo dati appuntamento al giorno dopo. Giovedì stavo benissimo, era passata la febbre. Alle 15 mi ha chiamato il dottore per dirmi che ero positivo“.
CORONAVIRUS GABBIADINI: IL PERICOLO DEL CONTAGIO
Gabbiadini dunque mette in evidenza come la prudenza sia un fattore chiave per contenere l’epidemia: “Non me l’aspettavo e da quel momento ho cominciato a riflettere sul Coronavirus. Se il dottore mi avesse chiesto di aspettare un giorno a fare il tampone, non glielo avrei più chiesto perché mi sentivo molto bene. Magari, pensando di non essere positivo, sarei andato a comprare la frutta sotto casa rischiando di trasmettere il virus a un anziano in modo assolutamente inconsapevole: un pensiero bruttissimo, che mi tormenta. Ho pensato che ci sono tanti positivi che nemmeno lo sanno e allora la battaglia si vince in un solo modo: rispettando le direttive e stando a casa“. Gabbiadini si dichiara dunque favorevole a una chiusura totale di tutte le attività: moglie e figli stanno bene, a lui è rimasto “una tosse fastidiosa e un po’ di raffreddore, ma adesso non sottovaluto più nulla”. L’attaccante aggiunge: “Noi siamo sempre in pullman, in hotel, a contatto con persone che non conosciamo. Io non posso sapere come mi sono contagiato”.
CORONAVIRUS GABBIADINI: IL CALCIO RESTI FERMO
Logico dunque che Gabbiadini sia tra i giocatori più favorevoli allo stop del campionato di Serie A e ad una ripresa solo quando sarà garantita la massima sicurezza: “La salute è prioritaria, ci vorrà ancora un po’ di tempo e la battaglia più importante da vincere è quella contro il Coronavirus. I campioni sono medici, scienziati e infermieri, il calcio poi ripartirà e sarà bellissimo”. La vita in quarantena per un positivo è dura, chiusura totale in casa per legge e contatti azzerati con il resto del mondo, anche se con due bambini piccoli in casa di certo Manolo Gabbiadini non si è annoiato nemmeno in questi giorni. Gabbiadini poi è bergamasco e la sua terra sta davvero vivendo un dramma: “Sono preoccupato per tutti i bergamaschi. Lì davvero non esce nessuno: aprono le finestre e sentono solo ambulanze. I miei genitori stanno bene, sono chiusi in casa e non si muovono. Parlo con loro tutti i giorni, ma li ho visti l’ultima volta quasi un mese fa”.