Ieri 272 nuovi casi e 33 decessi in più: con 1.747 persone positive e 190 decedute, Brescia, assieme a Bergamo e Cremona, è uno dei focolai peggiori della Lombardia. “La situazione è senz’altro grave – spiega il prefetto Attilio Visconti, che tra pochi giorni finirà la sua quarantena, visto che anche lui è stato colpito dal Covid-19 – e l’emergenza che stiamo affrontando ci presenta ogni giorno nuove problematiche. Stiamo però registrando un certo assestamento, segno che la strada imboccata è quella giusta. Ci deve incoraggiare, anche se non è il momento di abbassare la guardia o di aprire il cuore a speranze. Ma sono sicuro che ne usciremo”.



Signor prefetto, lei coordina la sala operativa dell’emergenza: com’è la situazione reale a Brescia e provincia?

Partiamo dal quadro sanitario. Giovedì si sono verificati 302 casi positivi al coronavirus, in ascesa del 25%, venerdì invece abbiamo registrato 221 casi positivi, con un aumento del 14,5% e ieri 272 (+15%), su un totale di 1.747. Quanto ai decessi, ieri ne abbiamo registrati 33, rispetto ai 32 di venerdì e ai 34 del giorno precedente. Questo vuol dire che probabilmente si deve ancora raggiungere il picco, ma la strada imboccata potrebbe essere quella giusta.



Le cronache però parlano di obitori pieni. È così?

Sì. Siccome l’inceneritore riesce a cremare solo 22 salme al giorno, dobbiamo far fronte a un intasamento degli obitori. Per ovviare abbiamo adottato due decisioni. Sul piano amministrativo, autorizzando i sindaci e i medici a rilasciare i certificati di morte anche prima dei canonici 3 giorni e autorizzando la conservazione delle salme e quelle in attesa di cremazione nelle celle refrigerate e nei locali zincati presenti sul territorio. Sul piano logistico, poi, abbiamo invitato tutti i sindaci a utilizzare i metodi tradizionali per la sepoltura nei loculi o per interramento. In più, d’accordo con il vescovo, abbiamo individuato alcune chiese in cui ospitare come temporaneo ricovero le salme in attesa di sepoltura. L’emergenza che stiamo affrontando ci presenta ogni giorno nuove problematiche.



Per esempio?

Come e chi può accompagnare a casa le persone dimesse dagli ospedali e che devono fare la quarantena nel proprio domicilio? Non avendo effettuato il secondo tampone, non possono essere considerate guarite e gli ospedali non hanno i mezzi per trasportarle a casa. Un trasporto, tra l’altro, che prevede precauzioni molto rigorose. Ogni momento insorge una difficoltà.

Qual è oggi il problema maggiore da affrontare?

Il reperimento dei dispositivi di protezione individuale: mascherine, gel, guanti… È un grosso problema, che stiamo gestendo insieme alla Ats Brescia. Purtroppo registriamo una carenza di questi dispositivi in tutti i nostri ospedali. E ora si segnalano pure le prime carenze per le mascherine di plastica per l’ossigeno che si attaccano ai tubi. Sul fronte dell’approvvigionamento di materiale sanitario si è già impegnato il nuovo commissario per l’emergenza, a cui è stato affidato proprio questo compito.

Voi intanto come vi siete organizzati per fronteggiare queste carenze?

Il centro di coordinamento servizi della Protezione civile raccoglie tutte le istanze che ci arrivano dal mondo ospedaliero e dal volontariato o le situazioni di difficoltà che ci segnalano le forze di polizia. Le inoltriamo a Milano per poi farle pervenire al ministero dell’Interno e al commissario Arcuri. L’obiettivo è avere una catena rigorosa e ordinata. Fortunatamente, però, ci sono anche le buone notizie: in questi giorni abbiamo ottenuto 2.200 mascherine chirurgiche e 7mila paia di guanti dalla Regione Lombardia. Una goccia in mezzo al mare delle necessità di questo territorio, è vero, ma un segnale che lascia ben sperare che in brevissimo tempo qualcosa in più verrà fatto.

E sul fronte della sicurezza pubblica?

Anche sui controlli dopo l’entrata in vigore dell’ultimo decreto governativo devo dire che si sta lavorando con estrema attenzione con tutte le forze di polizia e con le polizie locali dei vari Comuni. In un giorno abbiamo effettuato circa 1.400 controlli e denunciato 64 persone a piede libero. Solo a Brescia sono stati effettuati 110 controlli senza comminare alcuna sanzione.

La velocità del contagio ha messo a dura prova la capacità e la rapidità di risposta di una macchina complessa come quella messa in campo per contrastare l’epidemia?

Certamente, anche perché questa macchina ha dovuto mettersi in moto all’improvviso, senza esperienza di base. Ma al di là degli enormi problemi oggettivi che un evento simile pone in termini di dispositivi, di uomini e di attrezzature, problemi che tutti stanno affrontando in Italia, devo dire sinceramente che a Brescia la macchina dell’emergenza sta funzionando bene. Non mi sento di chiedere nient’altro ai bresciani.

Come sta reagendo la popolazione ai controlli e alle disposizioni del decreto varato dal governo?

Rispondo con una parola d’ordine che riassume il comportamento dei bresciani: consapevolezza. Che si è tradotta in comportamenti di assoluto rispetto degli ordini provenienti da autorità sanitaria e governo e in atteggiamenti di assoluta condivisione per fare fronte comune contro questa pandemia. Un risultato che mi aspettavo e farà di Brescia, oggi assieme a Bergamo la più colpita dal Covid-19, la provincia che uscirà per prima da questa emergenza. Perché i bresciani quando vogliono una cosa la sanno ottenere con il loro sacrificio e con il loro impegno.

Se dovesse continuare questa situazione di grave emergenza che genera molta paura, teme che possano verificarsi problemi di ordine pubblico?

Non ho alcun segnale in tal senso, anzi. E lo dimostra il fatto che sono state comminate solo 64 sanzioni in una provincia che conta un milione e mezzo di abitanti. Non abbiamo mai riscontrato segnali di insofferenza.

Che cosa personalmente la preoccupa di più?

Anche davanti ai primi piccoli segnali di miglioramento, ai bresciani rivolgo solo un appello: manteniamo questo rigore ed evitiamo le imprudenze fino a che l’emergenza non sarà definitivamente terminata, fino a quando le autorità sanitarie non ci diranno che la “mortificazione” è finita e che si potrà uscire di nuovo, perché il virus sarà stato con assoluta certezza debellato. Questa è la mia principale preoccupazione, perché il coronavirus è un male insidioso, sconosciuto, potrebbe riesplodere e costringerci per periodi ancora più lunghi ad altre ristrettezze. Dobbiamo aspettare e obbedire alle indicazioni dell’autorità sanitaria.

Brescia è uno dei cuori pulsanti dell’industria italiana. Molte imprese hanno chiuso i battenti e lunedì molte altre seguiranno l’esempio. Anche dall’economia possono arrivare nuovi problemi? E che cosa occorrerebbe fare per aiutare il settore produttivo?

Ho letto qualche giorno fa un titolo bellissimo: meglio in ginocchio che stesi. Deve essere il punto di riferimento per tutto il tessuto produttivo, artigianale e commerciale. Primo, non farsi abbattere. E poi, come dimostrato in tutte le crisi fin dagli anni del dopoguerra, ho sempre visto un’economia che, rimboccandosi le mani, si è rapidamente ripresa. È l’incoraggiamento che mi sento di rivolgere agli industriali bresciani, perché le imprese hanno nel loro Dna questa capacità di risollevarsi. Chiaro, poi, che anche il governo e le Regioni devono fare il possibile per sostenere questo sforzo.

Ha mai dovuto affrontare una crisi simile in 33 anni?

Ne ho viste tante, ma mai crisi così pesanti e così stringenti in termini di libertà individuali e di misure per contrastarla.    

Pensa che alla fine si vincerà questa battaglia contro il virus?

Assolutamente sì. Ne usciremo, ne sono sicuro, e anche in tempi brevi.

(Marco Biscella)

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