Il bilancio dell’epidemia da nuovo coronavirus è in continuo aggiornamento. Proviamo a fare il punto sulle conoscenze raggiunte e sulle questioni che oggi non possono trovare ancora risposte scientificamente definitive.
I coronavirus sono degli agenti zoonotici, che sappiamo circolare nel mondo animale, e la comparsa di un nuovo coronavirus in grado di infettare l’uomo non è del tutto una sorpresa. Questo nuovo patogeno, designato con la sigla 2019-nCoV, condivide lo stesso serbatoio naturale (i pipistrelli) con i virus della Sars e della Mers, per i quali sappiamo che il salto di specie verso l’ospite uomo è stato mediato rispettivamente dallo zibetto e dal dromedario; per questo nuovo virus ci sono delle ipotesi che, tuttavia, richiedono ancora delle conferme definitive.
Dal punto di vista epidemiologico, l’epidemia è in corso ed è importante seguirne l’andamento (speriamo che la “curva epidemica” evidenzi presto un declino). Ad oggi (domenica 9 febbraio, fonte Oms) i dati parlano di oltre 37.500 contagiati in 25 paesi nel mondo, 6.188 forme gravi, 812 vittime.
Il nuovo coronavirus ha una letalità stimata – anche se assolutamente preliminare – intorno al 2-3%, indiscutibilmente più bassa rispetto a quella della Sars o della Mers (9,6% e 34,4% rispettivamente), ma ben più alta di quella dell’influenza stagionale (inferiore allo 0,1%).
In poche settimane, il nuovo coronavirus ha provocato un numero di casi maggiore rispetto alla Sars (8.096 casi in poco più di un anno), complice il fatto che i sintomi causati dal nuovo coronavirus sono spesso più lievi e aspecifici, e di conseguenza le persone contagiate possono circolare liberamente senza sospettare di essere contagiosi, favorendo così la diffusione del virus.
Come per molte malattie infettive, la persona infetta è già contagiosa prima della comparsa dei sintomi, sulla base delle stime attuali il periodo di incubazione è mediamente di 5-6 giorni, ma può variare da 1 a 12 giorni. Le prime stime indicano che il “numero di riproduzione di base” (tecnicamente definito R0) del nuovo coronavirus si aggiri tra 1,4 e 3,8 (ovvero ogni persona malata infetta da 1 a 4 persone), poco più alto dell’influenza stagionale (R0 = 1,3) ma, fortunatamente, molto più basso rispetto al morbillo (R0 = 16-18).
Due sono gli obiettivi da perseguire simultaneamente: 1) migliorare la prognosi e ridurre la letalità rendendo disponibili terapie antivirali efficaci; 2) controllare la diffusione riducendo la circolazione del virus e quindi il numero degli infetti e soprattutto degli infetti contagiosi.
E se riguardo al primo obiettivo le risposte certe richiedono comunque tempo per raccogliere dati, analizzarli, confrontare l’efficacia dei diversi trattamenti farmacologici – siano essi già disponibili e testati per altre patologie virali o di nuova introduzione (con tempi più lunghi) -, per il secondo obiettivo, trattandosi di un’infezione che si trasmette per via aerea tra persone a stretto contatto (l’Organizzazione mondiale della sanità suggerisce di mantenere una distanza di un metro da soggetti con sospetto di infezione), il controllo e il contenimento della diffusione dell’infezione richiedono misure di separazione fisica tra le persone, per esempio riducendo le occasioni di aggregazione sociale e gli affollamenti in ambienti chiusi, ivi compresi i mezzi di trasporto, e il frequente lavaggio delle mani così da interrompere la catena del contagio e, di conseguenza, la circolazione del virus nella popolazione.
Contenere la diffusione del virus significa anche ridurre la probabilità che il virus si evolva e, mutando, diventi più aggressivo.
Intanto, la macchina operativa per sorvegliare la diffusione del virus si è immediatamente attivata e continua a monitorare da vicino l’epidemia, grazie alle competenze e alla consolidata esperienza del sistema globale di sorveglianza dell’influenza, in attesa di avere nuove evidenze che possano guidare lo sviluppo di farmaci e vaccini. Ma anche l’allestimento di un vaccino richiede tempi non brevi, e ci auguriamo che con le misure di contenimento e controllo adottate si arrivi molto prima alla fine dell’evento epidemico.