In un momento di crisi, come quello che stiamo vivendo ora, la comunicazione attuata da un’azienda ha un impatto esponenziale sulla propria reputazione e sul proprio futuro. È per questo motivo che ogni azienda deve attuare un piano di comunicazione di crisi ben studiato, gestito da persone esperte e mai lasciato all’improvvisazione, in modo non solo da preservare o consolidare la reputazione aziendale in un momento critico, ma addirittura per moltiplicarla.
La parola “moltiplicazione” non è usata a caso in questo contesto. Se, infatti, durante un periodo ordinario, la buona comunicazione accresce la propria Brand Reputation – immaginiamola come un’addizione in cui la comunicazione costituisce un addendo (mentre quella fallace la diminuisce, quindi come in una sottrazione) -, in un periodo straordinario la Comunicazione Strategica ha il potere di diventare addirittura un moltiplicatore per la propria reputazione, mentre, all’opposto, l’improvvisazione un divisore che la fraziona inesorabilmente. La crisi diventa quindi un terreno fertile dove piantare i semi dell’evoluzione reputazionale della propria azienda.
Non è nemmeno contemplato il silenzio, in quanto sarebbe la peggiore delle comunicazioni: oltre alla sconveniente percezione che l’azienda non abbia niente da dire o, peggio, non sappia farlo, anche lo spazio conquistato faticosamente nel periodo ordinario verrà acquisito dai competitor. Per quanto possa apparire controintuitivo, la crisi è quindi il momento migliore per comunicare. E non è certo un compito semplice.
Quando la crisi coinvolge temi scientifici come nel caso della pandemia da Covid-19, occorre innanzitutto informarsi accuratamente dei fatti, considerando solo gli studi accreditati e verificandoli comunque più volte, ma soprattutto occorre affidarsi a persone esperte in materia. Questo compito spetta al board dell’azienda, la cui gerarchia subisce una sorta di riorganizzazione per poter far fronte alla situazione straordinaria in corso: pur vivendo della fiducia dell’Amministratore Delegato, il Direttore Comunicazioni diventa il nuovo re Artù (sempre primus inter pares) della Tavola Rotonda, il nuovo centro nevralgico di tutte le altre funzioni (Finance, Human Resources, Marketing, Legal). E, unito, il nuovo crisis board avrà il compito di studiare i fatti insieme agli esperti e proporre strategie a breve termine per la risoluzione immediata della crisi così come piani a lungo termine per il risollevamento e l’evoluzione successivi dell’azienda.
Un altro nodo fondamentale della comunicazione di crisi è l’univocità del messaggio da trasmettere: “Tutti all’interno dell’azienda devono cantare la stessa canzone”. L’unità nel momento di crisi è uno dei valori più importanti da trasmettere, insieme alla positività e, nel caso specifico della situazione attuale, è utile ampliare questa strategia a un livello superiore alla propria azienda. È infatti motivante rinnovare pubblicamente la consapevolezza della fierezza dell’impresa italiana, la quale, benché in questo momento debba affrontare un nemico invisibile ma letale, sta lottando unita affinché la difficoltà temporanea diventi un collante piuttosto che un muro.
Infine, è importante che la strategia comunicativa scelta tenga conto dei tre elementi essenziali della Comunicazione Strategica: i propri interessi (quindi oltre a quelli dell’azienda stessa quelli dei propri dipendenti e collaboratori), quelli del proprio interlocutore (stakeholder esterni, fornitori e clienti) e del contesto (variazioni sistemiche, borsa, mercato, ecc.).
Ecco due esempi reali odierni di una comunicazione di crisi corretta. Il primo è costituito da Roche Farma, che ha fatto intervenire pubblicamente il suo Ad, Maurizio de Cicco, per comunicare la donazione di un milione di euro per l’acquisto dei dispositivi di sicurezza individuale per i medici, l’attivazione interna di un dialogo con tutti coloro che avessero bisogno di supporto a causa del diabete e, infine, la fornitura gratuita di un farmaco inserito nelle linee guida cinesi per la sua utilità nel contrastare l’aggravamento della salute nei pazienti infetti da coronavirus. L’altro esempio è dato da Esselunga, una delle prime aziende a prendere posizione, attraverso la donazione di 2,5 milioni di euro agli ospedali e agli istituti impegnati nell’assistenza dei pazienti e nella ricerca scientifica, l’attivazione di una linea di credito presso la banca Unicredit per 530 milioni di euro, così da poter anticipare il pagamento dei crediti vantati dai suoi fornitori e, infine, l’aumento in busta paga di 150 euro al mese per tutti i collaboratori dei negozi Esselunga, lodando simbolicamente il loro sforzo quotidiano quasi al pari del personale medico.
Per entrambe le aziende le scelte operate hanno portato a una rinnovata fiducia interna ed esterna e naturalmente una pubblicità positiva a livello nazionale. Occorre però non improvvisare, ma, anzi, affidarsi a un esperto di comunicazione “con le spalle larghe”, ossia di provata esperienza e “di lungo corso”, e costituire a questo punto un team che abbia la forza di creare una strategia strutturata, basata su fatti concreti e accuratamente verificati.