Il coronavirus si sarebbe manifestato molto prima del primo caso isolato a Wuhan, in Cina. La conferma arriva da uno studio della Temple University di Philadelphia, che ha individuato il “progenitore” di Sars-Cov-2 e aggiunto un tassello importante alla storia dell’origine del Covid. Si chiama proCoV2 e circolava con alcune sue varianti già da ottobre 2019, quindi prima dell’identificazione del primo genoma Wuhan-1. I ricercatori sono riusciti a ricostruire l’albero genealogico del coronavirus grazie all’analisi dell’ordine di mutazione, una tecnica ampiamente usata nella ricerca contro il cancro. Consiste nell’analizzare i ceppi mutanti e della frequenza con cui le coppie di mutazioni appaiono insieme, per poi percorrere a ritroso la storia evolutiva del virus ricostruendo appunto l’albero genealogico e identificato di conseguenza il progenitore. Gli scienziati dell’Institute for Genomics and Evolutionary Medicine dell’università predetta, collaborando con i colleghi del Center for Excellence in Genome Medicine and Research dell’Università King Abdulaziz University di Jeaddh (Arabia Saudita), ritengono che quindi a Wuhan si sia verificato il primo evento di super diffusione del coronavirus.



ORIGINE COVID: IN CINA NELL’OTTOBRE 2019

Il virus Sars-CoV-2 quindi circolava già da tempo in tutto il mondo, infatti risulta che sia arrivato in Italia nel dicembre 2019, prima di “esplodere” a febbraio 2020. Quando fu rilevato il primo caso di coronavirus in Cina erano già diffusi tre ceppi con almeno tre mutazioni rispetto a proCoV2. «Abbiamo trovato l’impronta genetica del progenitore nel gennaio 2020 e successivamente in più infezioni da coronavirus in Cina e negli Stati Uniti. Il progenitore si stava diffondendo in tutto il mondo mesi prima e dopo i primi casi segnalati di COVID-19 in Cina», spiega Siergei L K Pond, co-autore dello studio internazionale coordinato dal professor Sadhir Kumar, docente preso il Dipartimento di Biologia della Temple University. Dalle indagini di epidemiologia molecolare è stato così possibile determinare che il progenitore è comunque emerso in Cina, ma non è possibile stabilire chi sia la prima persona contagiata dal coronavirus. Per gli esperti comunque i ceppi asiatici hanno «fondato l’intera pandemia» ma le varianti emerse nel resto del mondo attualmente stanno infettando di più.



LE MUTAZIONI DA PROCOV2 IN POI

Peraltro, non è ancora chiaro, oltre al paziente zero, anche la specie serbatoio, cioè l’ospite intermedio che ha permesso al virus di fare il salto di specie dall’animale all’uomo. Del resto, sono ancora molti gli aspetti ignoti riguardanti l’origine del Covid. Lo studio “An evolutionary portrait of the progenitor SARS-CoV-2 and its dominant offshoots in COVID-19 pandemic”, che è stato pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Biology and Evolution, ha fornito già una indicazione importante che sembra giustificare il commento di Giorgio Palù, presidente Aifa (Agenzia italiana del farmaco). La ricerca chiarisce anche che il virus non è sempre uguale a se stesso, ma è frutto di una moltitudine di varianti originate dal ceppo originale. Dal primo caso identificato, sono stati sequenziati in tutto il mondo ben oltre un milione di genomi da cui si evince che il coronavirus sta mutando, anche se lentamente, ad una velocità di 25 mutazioni per genoma per anno. Quindi, il coronavirus ha un tasso di variazione di circa 2 mutazioni al mese. Le varianti emergenti, come quella inglese, sudafricana, brasiliana e indiana, non solo hanno sostituito i precedenti ceppi dominanti in quelle regioni, ma minacciano ancora la salute mondiale.