Si torna a parlare del paziente 1 tedesco e del ceppo di coronavirus arrivato in Italia. Uno studio realizzato da un team dell’Università Statale di Milano su 59 nuovi genomi virali, ottenuti da pazienti italiani dai primi giorni dell’epidemia fino alla seconda metà di aprile, ha permesso di disegnare l’identikit del ceppo di Sars-CoV-2 che ha colpito il nostro Paese, oltre a confermare che il coronavirus proveniva dalla Germania. Dalla ricerca emerge la prevalenza in Italia di un lignaggio virale specifico (e dei suoi discendenti) che è ascrivibile a quello B1 e correlative al primo cluster, quello che ha avuto luogo in Germania attorno al 20 gennaio e che è stato causato dall’importazione di un ceppo che circolava a Shanghai. Questo studio, frutto della collaborazione tra il Laboratorio di Malattie Infettive della Statale di Milano e oltre 10 tra Centri clinici e Università del Centro e Nord Italia, definisce anche l’evoluzione e le caratteristiche del virus che si è diffuso in Italia.



CORONAVIRUS, IL CEPPO IN ITALIA E LA “FILIAZIONE” PIÙ AGGRESSIVA

Il lignaggio isolato, ottenuto da un paziente residente in Veneto che però non ha riferito di viaggi o contatti con persone provenienti dalla Cina, si è rivelato appartenere a quello ancestrale B, quindi simile a quello isolato in Italia alla fine di gennaio per diretta importazione da Wuhan attraverso i due turisti cinesi che furono poi assistiti allo Spallanzani. Tutti i genomi “italiani” evidenziano la mutazione 614G nella proteina Spike, che rende l’agente patogeno più contagioso. Questa mutazione ha aumentato notevolmente i picchi Spike funzionali sulla superficie del virus, quindi ogni particella virale ha acquisito una maggiore capacità infettiva. Inoltre, si è scoperto che la mutazione rende quasi 10 volte più infettivo questo ceppo rispetto ad altri. Questa varietà è così diventata quella dominante in Europa e si è diffusa negli Stati Uniti e in America Latina.



Ma le conclusioni di questo studio sono in parte in contraddizione con una ricerca del Niguarda di Milano e del San Matteo di Pavia, che hanno esaminato le sequenze generiche di 350 pazienti. Il confronto riconosce una provenienza dalla Germania, ma anche una “filiazione” Europa con 4 ceppi arrivati in Italia con caratteristiche proprie. In Lombardia sono arrivati il ceppo A e B, che a sua volta ne ha generati altri due. Il primo è più “incendiario” degli altri ed è quello che ha travolto la bergamasca, quello B invece il lodigiano. E così si spiegherebbe la differenza di impatto tra le due zone.

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