Occorre doverosamente fare una premessa: l’emergenza Coronavirus non è una fake news (i morti ci sono per davvero) e ogni precauzione utile per evitare il contagio dalla Cina nel resto del mondo è giusta e comprensibile (valutati tutti i rischi e le conseguenze). Ora però – come purtroppo spesso accade sui grandi “casi mondiali” – la quantità di falsità, cattiva informazione e polemiche create ad arte esplode sempre più; non solo, in contrasto al “complottismo” strisciante si alza una sorta di contro-virus (perdonate il gioco di parole) che porta invece ad esagerare ed ingigantire gli elementi della narrazione ufficiale. Tornando al Coronavirus, reputiamo necessario un piccolo “fact cheking” rispetto a quanto abbiamo assistito in queste ultime convulse ore: ieri l’ospedale di Roma Lazzaro Spallanzani ha annunciato con successo di aver isolato l’intera sequenza del Coronavirus, dando una svolta nella battaglia contro il tremendo virus cinese e permettendo un più semplice sviluppo nei prossimi mesi del virus. Poteva finire qui e già era un’ottima notizia ma sui media (e nella politica) è iniziata una sorta di “corsa al sottolineare” la grande scoperta dell’eccellenza sanitaria italiana, creando nel giro di poche ore almeno due casi “abnormi”. «Primi in tutta Europa, i virologi dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”, a meno di 48 ore dalla diagnosi di positività per i primi due pazienti in Italia, sono riusciti ad isolare il virus responsabile dell’infezione», si leggeva nel dispaccio di agenzia, poi ripreso da tutti i quotidiani, dopo l’annuncio dello Spallanzani.
CORONAVIRUS, IL MINI “FACT CHEKING”
Ecco, passa qualche ora e qualcuno giustamente si chiede se effettivamente l’Italia sia stata la prima ad isolare il Coronavirus: a quel punto è il direttore scientifico che all’Ansa interviene direttamente «Come ribadito in conferenza stampa l’isolamento del coronavirus all’Istituto Spallanzani e’ stato fra i primi in Europa». Per completezza di informazione, prima dello Spallanzani a raggiungere l’importante esito sono giunti la Cina, l’Australia, il Giappone, gli Stati Uniti e la Francia. Ora, questo non toglie nulla della grande competenza di questa scoperta scientifica, dunque vale doppia la domanda: che bisogno c’era di “forzare” su quel «siamo i primi», manco fosse una gara? Secondo “cortocircuito” avviene sulla presenza di tre donne all’interno del team protagonista della scoperta: con un tweet il Ministro Speranza mostra le ricercatrici Maria Rosaria Capobianchi, Francesca Colavita, Concetta Castilletti come le grandi protagoniste dell’isolamento del virus. Repubblica parla di “Dream Team” e così anche tanti altri media; approfondendo poi bene, il team conta sì le tre scienziate insieme però ad altri due colleghi uomini, Antonino Di Caro e Fabrizio Carletti. Eppure dalla politica fino alla prima serata in diretta da Fazio a “Che Tempo Che Fa”, tutti a sottolineare la grande supremazia della scienza italiana e la felice presenza femminile nel “team” di ricercatori; ma anche qui, c’era bisogno di “calcare” la mano su di un “elemento” quando è già una splendida notizia che un team di scienziati italiani sia riuscito nell’impresa di isolare un virus in così poco tempo? Il doppio caso è chiuso, così come il mini-fact checking. Morale? Lo Spallanzani è tra i migliori centri mondiali per lo studio sulle malattie infettive (vero), rappresentando insieme alla sanità italiana un caposaldo di competenza e qualità in Europa (vero), con grandi scienziati donne e uomini (vero) che collaborano insieme tutti i giorni. Dire però forzatamente che «siamo i primi» ed esaltare solo una parte del team di grandi professori per «motivi politici/mediatici» non solo non è un buon servizio di giornalismo ma è un pessimo modo di narrare e raccontare una delle più gravi emergenze sanitarie degli ultimi vent’anni.