Non è vero che la mortalità in Italia per coronavirus sia peggiore della Cina e di altre aree del mondo, ma questo significa che c’è un “sommerso” di contagiati asintomatici che renderebbe decisamente più bassa la letalità a livello statistico: lo dice chiaro e tondo – e non è più solo un “detto” che circola negli ambienti giornalistici da giorni – uno studio della Fondazione GIMBE, il think thank che dal 1996 si occupa di politica sanitaria con svariate competenze offerte alle macroproblematiche della sanità italiana. Dopo i primi test svolti in mese di emergenza coronavirus, i risultati dell’analisi prodotta dal presidente Nino Cartabellotta sono sorprendenti: «Non è vero che il Covid-19 nella sua versione italiana sia più letale dell’originale cinese. Ma è probabile che i contagiati italiani siano almeno centomila», spiega nelle sue conclusioni il report GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze). Dopo aver lottato per anni contro Governi di ogni colore per i tagli sulla sanità italiana, ora la battaglia si è trasposta sul Covid-19 e le risultanze sono tutt’altro che scontate.
LO STUDO “CHOC” DELLA FONDAZIONE GIMBE
«L’aggiornamento del 16 marzo (che non include i dati della Puglia e della Provincia autonoma di Trento), riporta 27.980 casi: 1.851 (6,6%) in terapia intensiva; 11.025 (39,4%) ricoverati con sintomi; 10.197 (36,4%) in isolamento domiciliare; 2.749 (9,8%) dimessi guariti; 2.158 pazienti deceduti (7,7%)», con punte «del 9,8% in Emilia Romagna e del 9,7% in Lombardia rispetto al 4% nelle altre Regioni», è l’analisi svolta e riportata ieri nel report sul coronavirus in Italia. Ebbene, spiega Cartabellotta, da questa distribuzione del contagio appare decisamente più importante la mortalità italiana rispetto a quella cinese o di altri Paesi colpiti duramente dal Covid-19. Quel 5,4% di letalità infatti assumerebbe tutto un altro valore se fossero riportati i veri dati sui contagiati da coronavirus: non c’entra solo l’anzianità media, assai più alta in Italia rispetto alla Cina, ma vi sono dati ben più incidenti. «Assumendo una distribuzione di gravità della malattia sovrapponibile a quella della coorte cinese si può ipotizzare che in Italia la parte sommersa dell’iceberg contenga oltre 70.000 casi lievi/asintomatici tuttora non identificati» assume il n.1 GIMBE. Il contagio e la mortalità resterebbe dunque in linea con quanto già visto in Cina e in Corea del Sud e come presto dovremmo accorgi anche dagli altri Paesi Ue travolti dal Covid-19: è quindi possibile stabilire quando effettivamente finirà questa maxi-pandemia? Fin qui GIMBE non riesce (e non può) spingersi: conclude lo studio, «la validità dei modelli predittivi è influenzata da due fattori inprevedibili: la diffusione asincrona del Coronavirus e l’assenza di un piano pandemico unico in Europa». L’Italia è travolta dal coronavirus, ma né più né meno rispetto ad altre zone del mondo: questo però non toglie che la pandemia è destinata a durare ancora. «Siamo sulla buona strada come misure», asserisce Cartabellotta ma questo non basta per poter dire che in breve si risolverà tutto.