Erano già stati bloccati ieri sera a New Delhi dopo che si era scoperto un positivo al Coronavirus (medico di base a Codogno, ndr) nella comitiva di 25 italiani in viaggio in India (ma la meta finale era l’Oman): ora sono però 16 i connazionali contagiati da Covid-19 messi in quarantena nella capitale indiana dalla giornata di ieri e del tutto “ostaggio” dello Stato indiano dopo il panico scatenato alla frontiera e all’aeroporto prima di poter partire (almeno quelli sani). Il caso di New Delhi è solo l’ultimo dei tanti casi che si stanno evidenziando nel mondo dalla diffusione del virus cinese: i turisti italiani erano partiti dall’Italia il 20 febbraio scorso, giorno della scoperta del “paziente 1” di Codogno (anche se ormai quasi tutti sostengono che il Coronavirus si aggirasse in Italia e in Europa da ben più tempo) e avrebbero dovuto arrivare fino in Oman ma sono rimasti bloccati in India. Il viaggio era poi previsto nelle zone del Rajasthan  e di Agra ed è gestito dall’agenzia Nice Day di Sant’Angelo Lodigiano: dopo i primi sintomi del medico di Codogno la “denuncia” del possibile contagio e da lì è cominciata l’epopea ancora senza fine per il resto della comitiva. Ad oggi sono 15 i turisti italiani più il loro autista ad essere risultati positivi al coronavirus in India: si trovano in quarantena da martedì in una struttura militare a Delhi, spiegano fonti dell’ambasciata italiana all’Ansa, e il consolato ha garantito loro ogni genere di conforto e assistenza, compatibilmente con i protocolli sanitari locali.



CORONAVIRUS, ITALIANI BLOCCATI ALL’ESTERO: IL CASO LONDRA

Intervenendo su Facebook, una italiana bloccata in India spara a zero con la gestione del Coronavirus da parte delle autorità indiane: «siamo bloccati a Delhi. Non ci fanno partire per l’Oman, dove avevamo stop over, perché abbiamo il passaporto italiano», spiega Filomena Campus, una cittadina italiana residente a Londra fermata in India per la semplice nazionalità del suo passaporto, assimilato a quello dei 16 contagiati e messi in quarantena. «Inutile spiegare che viviamo a Londra da anni – spiega ancora la donna – Il passaporto italiano non è più accettato. Punto. Non cambiano o rimborsano i voli, dobbiamo arrangiarci e tornare a Londra a nostre spese». A Londra la situazione non è molto “dissimile” con tre scuole inglesi chiuse per il solo fatto di avere al loro interno studenti di origini italiane: «È necessaria una sanificazione profonda», precisa il presiedere Chris Drew di 3 istituti privati inglesi, la Khalsa Secondary Academy di Stoke Poges, la Atam Academy di Redbridge e la Khalsa Secondary Academy di Stoke Poges. Inevitabile la replica durissima della ambasciata italiana, scattata dopo la segnalazione: «L’origine delle persone non c’entra nulla con i rischi di contagio. Tanto più che nessuno degli alunni ha viaggiato nelle zone a rischio». Dopo diverse polemiche, alla fine, le scuole sono state riaperte. Ma questo purtroppo è solo uno dei tanti “effetti” dell’allarme contagio da italiani in giro per tutto il mondo.

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