“Solo considerando le circa 8mila attività commerciali presenti a Milano, abbiamo calcolato una perdita pari a 4 milioni di euro al giorno, cioè 120 milioni al mese. Se poi aggiungiamo le boutique attive nel Quadrilatero della moda, in pieno centro città, sono altri 300 milioni di euro al mese. Insomma, possiamo parlare di perdite per circa mezzo miliardo di euro al mese, senza contare tutte le aziende che operano fuori Milano e che saranno private degli approvvigionamenti provenienti dalla Cina. Sono danni ingenti”. A calcolare le stime di quanto costa il coronavirus è Francesco Wu, referente in Confcommercio per l’imprenditoria straniera e presidente onorario dell’Unione Imprenditori Italia-Cina. La psicosi del coronavirus, inoltre, ha reso deserte le strade e i locali della Chinatown milanese, una delle più grandi e attive in Europa. E Wu ha voluto organizzare ieri un pranzo con l’assessore comunale al Commercio in un ristorante cinese proprio per dimostrare che non è il cibo cinese a trasmettere il virus all’uomo.



Sin dall’inizio dell’emergenza Coronavirus lei ha cercato di chiarire che non bisogna cedere alla paura. Adesso che sono stati individuati due portatori del virus in Italia, i timori aumenteranno?

Di paura ce n’è già stata tanta sin dall’inizio. Via Paolo Sarpi si è svuotata e la situazione non mi sembra cambiata rispetto a prima della notizia dei due turisti cinesi contagiati. Chi ha paura ha fatto prevalere la psicosi e non viene più nei locali cinesi, mentre le persone meno emotive e più razionali continuano a frequentarli.



A Roma un bar in pieno centro ha esposto per alcune ore un cartello in cui vietava l’ingresso ai cinesi. Che cosa ne pensa?

Sì, ho visto, e sono vicende molto negative e ingiustificate. Che cosa temono gli italiani? I voli sono stati bloccati, da tempo si parla di questo virus e si attuano i controlli. È una psicosi ingiustificata rispetto all’effettiva capacità del coronavirus di essere letale. La gente, poi, non tiene affatto conto delle probabilità di incontrare un soggetto contagiato che potrebbe benissimo essere un italiano. In Cina si contano almeno 20mila italiani che vanno e tornano e tanti stranieri che passano dalla Cina per poi arrivare in Italia.



E’ comunque la seconda epidemia in pochi anni che viene dalla Cina. Questa vicenda getterà una immagine negativa sulla Cina e sulle condizioni igienico-sanitarie in cui vive la popolazione?

Sicuramente non aiuterà a migliorare l’immagine che si ha della Cina. Ma la Cina riuscirà a contenere  il virus, ha un sistema sanitario in grado di far fronte a un’epidemia. Tuttavia ne trarremo più danni che vantaggi.

Danni che poi si riverberano in tutto il mondo, spinti dalla globalizzazione economica in cui viviamo.

Se la Cina si ferma, si ferma tutto il mondo: non penso esista un macchinario che non abbia un componente cinese. Per non parlare poi del turismo: solo negli Usa il turismo cinese vale 40 miliardi di dollari all’anno e a livello globale almeno 400 miliardi. Le perdite a Milano, se si andrà avanti così, si possono stimare in almeno mezzo miliardo di euro al mese, tra ristoranti, attività commerciali e boutique della moda.

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