Tra i 229 contagiati in Italia, ci sono 172 casi in Lombardia (dove si contano sei morti, l’ultimo, un uomo di 62 anni, ieri sera a Como), 33 in Veneto (con una vittima), 18 in Emilia-Romagna, 3 nel Lazio (la coppia di cinesi e il ricercatore già dimesso) e 3 in Piemonte. Le persone positive al virus sono 222 e tra di loro 101 sono ricoverate con sintomi, 27 si trovano in terapia intensiva e 94 in isolamento domiciliare. Sono gli ultimi dati sulla diffusione del coronavirus in Italia, comunicati dal capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, che però ha sottolineato: “non ci sono altri focolai”. Il bilancio delle vittime e dei contagi da coronavirus in Italia continua a salire e l’Oms, che oggi invierà una missione nel nostro paese, avverte: “Dobbiamo concentrarci sul contenimento e prepararci a una potenziale pandemia”. Intanto il paziente zero non è stato ancora rintracciato e i numeri italiani non trovano riscontro in altri paesi europei. Perché? Possibile che solo in Italia si siano verificate smagliature nei controlli e nella prevenzione? Ne abbiamo parlato con Matteo Bassetti, ordinario di Malattie infettive all’Università di Genova e direttore della clinica San Martino nel capoluogo ligure.



In Italia non è ancora stato trovato il paziente zero. Anche il cittadino di Albettone, che secondo quanto lui stesso ha dichiarato sarebbe passato da Codogno, è risultato negativo al test del coronavirius. È ancora possibile rintracciarlo? Ed è fondamentale scovarlo?

Non so neanche se a questo punto serva identificarlo. Il paziente zero si rintraccia perché in qualche modo si prova a evitare che infetti altre persone. Ormai, essendo ragionevolmente passati più di 14 giorni, se non più di 20 giorni, dal momento in cui il paziente 1 si è infettato, il fatto di non trovarlo non ha più una valenza così importante, anche perché non credo che sia l’unico “untore”, se possiamo chiamarlo così. È verosimile che ce ne siano di più.



“Non ci sono altri focolai”, ha detto il responsabile della Protezione civile, Angelo Borrelli. Segno che le misure di contenimento funzionano? O dobbiamo aspettarci comunque altri contagi in altre zone?

Non è così semplice affermare che non ci sono altri focolai e la dimostrazione viene dal fatto che dove cerchi, trovi.

In che senso?

In questo momento sono stati cercati pesantemente in quelle due aree, il Basso Lodigiano e il Basso Padovano, però come possiamo sapere se altre polmoniti, che oggi non hanno un nome e un cognome in Italia, non sono potenzialmente legate al coronavirus? Perché è evidente che questo coronavirus ha in qualche modo girato per l’Italia, quindi è molto probabile che non si sia fermato solo in quelle due zone.



Scenario allarmante, non crede?

No, non deve allarmare più di tanto, perché con questo coronavirus forse dovremo imparare a farci i conti nel futuro.

Sarà il protagonista delle ondate influenzali prossime e venture, dal 2021 in avanti?

Non so se saranno influenze, di certo sappiamo che il virus è entrato in Italia, pur senza dare una pandemia, termine che finora è stato a volte utilizzato in maniera errata, perché la pandemia ha ben altri numeri. Però potrebbe anche diventarlo.

In effetti sorprende la velocità con cui il contagio si propaga in Italia, tanto che abbiamo un numero di pazienti colpiti da coronavirus molto superiore a paesi del Far East geograficamente più vicini alla Cina. C’è una ragione?

Ma secondo lei i paesi dell’Estremo Oriente, dalla Cambogia alla Thailandia, hanno a disposizione le tecnologie e la diagnostica che abbiamo noi? L’Italia ha un sistema sanitario di cui deve essere fiera e già due giorni dopo che è stato rilevato il primo contagio eravamo pronti con i test, con gli ospedali.

È strano però che in Europa il Covid-2019 abbia finora colpito meno diffusamente che in Italia: in Spagna 2 casi, in Francia 12, in Germania 16. All’estero effettuano meno controlli, adottano misure più efficaci, sottovalutano il problema o che altro?

All’estero stanno eseguendo meno controlli, mi pare evidente. Ci sono stati, per esempio, in Germania anche casi di trasmissione autoctona: siamo allora sicuri che i tedeschi abbiano fatto proprio tutto quello che avevano a disposizione per fare i controlli come noi in Italia?

Ma non rischiamo adesso di essere additati come gli untori dell’Europa?

Purtroppo la verità è che all’estero già ci considerano così.

E non è strano che i focolai in Italia sembrino per ora non indicare chiari collegamenti epidemiologici, legati per esempio a pazienti cinesi o a soggetti con una storia di viaggi in Cina?

Questo dipende solo dal fatto che non è stato rintracciato per tempo il potenziale paziente zero. Stiamo imparando a fare i conti con il Covid-2019 e abbiamo notato che c’è un numero molto importante di soggetti asintomatici o paucisintomatici nei quali abbiamo trovato lo stesso virus. È chiaro che ci sono stati dei cinesi che hanno viaggiato nel nostro paese o qualche italiano che proveniva dall’area di Wuhan prima che venissero chiusi gli aeroporti.

Questo sta a significare che l’incubazione può essere più lunga dei 14 giorni, che è il periodo su cui concordano gli esperti?

Noi adesso dobbiamo considerare i 14 giorni come uno spartiacque. Ci sono altre ipotesi che parlano di un periodo più lungo, ma dobbiamo aspettare che siano comprovate da studi più approfonditi.

È possibile che il virus possa essere sfuggito ai controlli, tra l’altro in una regione come la Lombardia, notoriamente apprezzata per il suo sistema sanitario molto efficiente?

Il problema non è cosa può essere sfuggito, il problema è come il coronavirus è stato controllato. E noi purtroppo abbiamo deciso di stoppare i voli da e per la Cina, ma non abbiamo messo in atto la misura più efficace e utile per il contenimento: la quarantena.

Uno dei problemi più difficili da affrontare è scovare il virus nei soggetti asintomatici. Che cosa si può fare? Può essere utile effettuare random degli screening con i tamponi in determinati luoghi di possibile aggregazione?

Non si possono praticare i tamponi a tutti. Bisogna fare la diagnostica a chi presenta i sintomi e a quelli che sono stati “contatti” di casi certi, che vanno tenuti in isolamento per 14 giorni.

Oggi è prevista una missione dell’Oms in Italia. Perché viene? Per controllare se abbiamo fatto tutto quello che era necessario?

Non credo. Vengono probabilmente per darci dei consigli, come hanno fatto in Cina e in altri paesi, su quella che può essere la più efficace modalità di gestione. L’Oms non viene a farci le pulci, anzi ha una grande stima dell’Italia, che può vantare il terzo miglior sistema sanitario del mondo.

(Marco Biscella)

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