I medici sportivi si schierano contro la ripresa dei campionati, tema di grande attualità in tempo di Coronavirus. Ieri l’assemblea di Lega A ha disposto il taglio degli stipendi, approvando la possibilità che le varie società discutano con i loro calciatori una riduzione su due differenti piani, e intanto il presidente della FIGC Gabriele Gravina ha ribadito come la volontà di ripartire e terminare la stagione sia la priorità, dando la data del 17 maggio come opzione. Peccato che i medici e i sanitari del mondo del calcio siano contrari: come si legge su Il Romanista, esiste una chat specifica nella quale i pareri sono decisamente in contrasto con chi vorrebbe ripartire. Alla domanda su cosa succederebbe se la società imponesse di rimettere in campo i giocatori uno di questi medici, che per il momento mantiene l’anonimato, ha detto senza mezzi termini che preferirebbe andarsene piuttosto che correre il rischio.
CORONAVIRUS, MEDICI CONTRO RIPRESA CAMPIONATI
“Stiamo scherzando con il fuoco”: questo è l’assunto di base da cui parte la perplessità dei medici. Anche perché, nel mondo del calcio e soltanto in Serie A ci sono tre personali sanitari che hanno subito il contagio da Coronavirus: nello specifico sono il dottor Baldari (Sampdoria) e il dottor Pengue della Fiorentina, e nella stessa società viola anche il dottor Dainelli è risultato positivo. Non solo: il dottor Luigi Frusciante e il dottor Ivano Vezzulli sono tra i deceduti per il Covid-19. La lista però potrebbe non finire qui: si parla soltanto delle persone note, ma ci sarebbero tanti altri medici (anche e soprattutto nelle serie minori) che avrebbero contratto il Coronavirus senza comunicarlo. Per questo motivo l’argomento resta molto delicato: da un lato infatti c’è la volontà di riprendere da parte di alcuni soggetti che rischierebbero di perdere soldi – e in alcuni casi faticherebbero ad arrivare alla fine del mese – dall’altro bisogna guardare in faccia la realtà.
Una realtà che è anche quella di una seconda ondata di Coronavirus, per cui giustamente un’altra domanda riguarda in che modo verrebbe trattato un caso di contagio che avvenisse a luglio o magari anche a settembre (in generale, una volta che la curva dei contagi sia rientrata in parametri meno allarmistici) e in questo senso c’è l’ipotesi per la quale il caso in questione sarebbe trattato come se il calciatore sia “normalmente” infortunato. E’ chiaro ed evidente a tutti che prima o poi bisognerà tornare a giocare ma, dicono i medici, bisogna evitare di farlo prima che la pandemia sia effettivamente in fase declinante e non azzardare un rientro in campo solo per la “fretta” di dover concludere a tutti i costi la stagione. Ne va della salute della gente e dei tantissimi contagi e morti che si sono registrati in Italia, che dovrebbero se non altro aprire una riflessione ben più ampia della semplice data utile per riaprire tutto.