Potrebbe essere in un peptide sperimentale la chiave per bloccare il Coronavirus? E’ su questo che starebbero lavorando i chimici del Massachussets institute of technology (MIT) i quali, come riferisce MIT News, starebbero testando un frammento proteico in grado di inibire la capacità del Coronavirus di entrare nelle cellule polmonari dell’uomo. In attesa di un possibile trattamento contro il Coronavirus, gli studiosi hanno progettato un candidato farmaco capace di bloccare la capacità del Covid19 di entrare nelle cellule dell’organismo. Si tratterebbe di un breve frammento di proteina o peptide, che imita una proteina presente sulla superficie delle cellule umane. I ricercatori hanno dimostrato che il loro peptide è in grado di legarsi alla proteina virale che i coronavirus usano per entrare nelle cellule dell’uomo, “disarmandola”. Lo studio fatto dagli studiosi americani è ora in fase di pre-pubblicazione. Il lavoro in laboratorio è iniziato i primi di marzo. La particolarità del nuovo Coronavirus è che ha molti picchi proteici che sporgono dal proprio involucro vitale. Le ricerche hanno dimostrato che una sua area specifica si lega a un recettore che è un enzima noto anche come Ace2 e che si trova sulla superficie di molte cellule umane, tra cui quelle polmonari. Il recettore Ace2 è anche il punto di ingresso usato dal coronavirus che causò la Sars nel 2002-03.
CORONAVIRUS, MIT: PEPTIDE POTREBBE BLOCCARLO? LO STUDIO
Attraverso una serie di simulazioni al computer è stata evidenziata la posizione in cui il dominio vincolante del recettore si attacca al recettore Ace2. “Questo tipo di simulazione può darci una visione di come gli atomi e le biomolecole interagiscono tra loro, e quali parti sono essenziali per questa interazione”, ha spiegato Genwei Zhang, studioso del laboratorio di Pentelute. Attualmente gi scienziati stanno sviluppando circa 100 diverse varianti del peptide nella speranza di aumentarne la forza legante e di renderlo più stabile nel corpo. Al tempo stesso i ricercatori hanno anche inviato il loro peptide originale di 23-amminoacidi a un laboratorio di ricerca della Icahn School of Medicine del Monte Sinai per i test sulle cellule umane e potenzialmente sui modelli animali dell’infezione da Covid-19. Tra i vantaggi di questi potenziali farmaci, c’è anche quello di produrne in grandi quantità poichè facili da replicare. “I peptidi sono molecole più grandi, quindi possono aggrapparsi al coronavirus e inibire l’ingresso nelle cellule – dice Brad Pentelute, ricercatore che ha condotto l’analisi – Anche gli anticorpi hanno anche un’ampia superficie, quindi potrebbero rivelarsi utili. Questi però richiedono solo più tempo per essere prodotti e scoperti”. Uno svantaggio dei farmaci peptidici, invece, è che non possono essere assunti per via orale, quindi dovrebbero essere somministrati per via endovenosa o iniettati sotto la pelle. Dovrebbero, inoltre, anche essere modificati in modo da poter rimanere nel flusso sanguigno abbastanza a lungo per essere efficaci. Aspetto sul quale è in corso il lavoro dei ricercatori. “È difficile prevedere quanto tempo ci vorrà per poter testare qualcosa nei pazienti, ma il mio obiettivo è avere qualcosa nel giro di poche settimane. Se risulterà essere più impegnativo, potrebbero essere necessari mesi”, ha aggiunto Pentelute.