La NBA ripartirà dopo la pandemia da Coronavirus? Forse siamo arrivati ad una possibile decisione, come si legge su Sportando: nelle prossime ore è infatti prevista una conference call con tutti i giocatori, alla presenza ovviamente del Commissioner Adam Silver ma anche di Michele Roberts, presidente dell’associazione giocatori. L’obiettivo è quello di trovare un’intesa circa la ripresa degli allenamenti: si legge che già venerdì alcune franchigie avranno il permesso di tornare in campo e svolgere il normale lavoro, ce ne sono alcune (Trailblazers, Nuggets e Cavaliers) che hanno intenzione di riprendere già oggi ma altre che invece sono meno ottimistiche. In particolare due: i Los Angeles Lakers sono in contatto con il sindaco della città per un’eventuale ripresa da venerdì 16 maggio ma il loro allenatore Frank Vogel ha fatto sapere che “penso manchi ancora tanto per riprendere a giocare, abbiamo bisogno di disputare alcune partite e non so se si concluderà la regular season, forse avremo delle amichevoli”. Il riferimento è ovviamente alla preparazione dei playoff, cui i gialloviola sono tornati dopo sette anni e con la concreta possibilità di puntare al titolo.
CORONAVIRUS NBA: C’E’ ANCORA PESSIMISMO SULLA RIPARTENZA
Ancora più netta la posizione di Mark Cuban, proprietario dei Dallas Mavericks: la franchigia del Texas al momento della sosta per Coronavirus era settima nella Western Conference e dunque virtualmente qualificata per i playoff. “Non penso che il gioco valga la candela” ha detto, spiegando che la sua posizione deriva dal fatto che l’impossibilità di effettuare i test su giocatori e membri dello staff non garantisce la sicurezza. “Anche attuando tutte le misure di sicurezza non ne varrebbe la pena” ha poi aggiunto, rivelando che i giocatori della squadra si stanno mantenendo in forma andando a giocare in campetti all’aperto. Recentemente altri addetti ai lavori si erano dichiarati pessimisti circa una rapida ripresa della stagione NBA: tra questi Fred VanVleet, playmaker dei Toronto Raptors campioni in carica, sulla sua scia l’ex compagno Kawhi Leonard (oggi ai Los Angeles Clippers) mentre LeBron James che era inizialmente scettico aveva poi dichiarato la volontà di giocare anche a porte chiuse, qualora fosse stato necessario. Il problema è che i numeri del Coronavirus negli Stati Uniti sono davvero alti, il Paese è quello con più morti al mondo secondo i dati ufficiali e la lega di pallacanestro non si può certo permettere un’altra epidemia.
Insomma, la situazione non è così chiara e ovviamente il tema riguarda anche e soprattutto la modalità di terminare la stagione. In passato la NBA aveva già accorciato la competizione (ai tempi del lockout, che aveva brevemente riportato Danilo Gallinari a Milano) ma si trattava di un’altra questione e, soprattutto, l’annata non era ancora iniziata. Qui siamo in un regime di regular season quasi terminata, con alcune franchigie che avrebbero ben pochi interessi nel tornare in campo se non – ovviamente – quello di incassare dalle partite interne; concetto che aveva ben spiegato Doc Rivers, allenatore dei Clippers, che aveva anche lanciato la sua proposta per terminare la stagione. La speranza è che dalla riunione possa uscire qualcosa di concreto, fosse anche la valutazione che in questo momento non è dato di giocare e bisognerà ancora aspettare.