Nel sistema immunitario dei bambini potrebbe esserci la “chiave” per comprendere i punti deboli di Sars-CoV-2. A suggerirlo è uno studio italiano pubblicato su The Lancet a cui hanno lavorato anche due membri del Comitato tecnico scientifico, il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, e il professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani di Roma. Hanno lavorato insieme a Rita Carsetti, responsabile della Diagnostica Immunologica all’Ospedale Bambino Gesù, Concetta Quintarelli, del dipartimento di Ematologia e Oncologia del Bambin Gesù, Eva Piano Mortari, dell’Area di ricerca di Immunologia del Bambin Gesù e Alimuddin Zumla, del Dipartimento di infettivologia dell’Università di Londra. Nello studio confermano che anche i bambini possono essere infettati da Sars-CoV-2, «ma la maggior parte dei casi pediatrici confermati in laboratorio sono lievi». Per questo «la malattia Covid-19 in forma grave è rara nei bambini». Ma se i bambini sono vulnerabili ad altre infezioni, perché invece sono meno sensibili al nuovo coronavirus rispetto agli adulti? «Finora non vi sono prove di un minore grado di espressione o funzione del recettore della SARS-CoV-2 (cioè ACE2) nei bambini. Pertanto, lo studio del sistema immunitario innato dei bambini potrebbe essere la chiave per comprendere la protezione contro la SARS-CoV-2 o la suscettibilità ad essa».



CORONAVIRUS, NEI BAMBINI CHIAVE PER VINCERLO?

Nei primi mesi di vita i bambini sono protetti dagli anticorpi materni, invece nei primi anni di vita vanno incontro a frequenti infezioni che permettono loro di sviluppare il sistema immunitario. La protezione immunitaria dei bambini al virus Sars-CoV-2 potrebbe basarsi su diversi fattori secondo gli scienziati. Nelle prime fasi dell’infezione giocano un ruolo importante gli anticorpi naturali, che riescono a contenere l’infezione e a eliminare il virus. Inoltre, i bambini hanno la capacità di produrre rapidamente gli anticorpi naturali con ampia reattività. Un ruolo importante hanno le Memory B cells, che si formano a seguito di un’infezione primaria e possono sopravvivere per decenni, generando ripetutamente una risposta immunitaria accelerata e robusta mediata da anticorpi in caso di reinfezione. Secondo gli studiosi, «potrebbero giocare un ruolo cruciale essendo capaci di una reazione più rapida». Quindi, potrebbero secernere immediatamente gli anticorpi e al tempo stesso «entrare nella reazione del centro germinale, dove acquisiscono più mutazioni somatiche e selezionano il loro BCR in base all’affinità». Se nei neonati e nei bambini le MBCs sono altamente adattabili ai nuovi antigeni, per gli anziani invece non è così, perché nel tempo sono mutate e diventate specifiche.



CORONAVIRUS, STUDIO SU SISTEMA IMMUNITARIO BAMBINI

Al momento si tratta di ipotesi che però gli scienziati sono pronti a verificare in uno studio che hanno appena cominciato. «I nostri risultati preliminari nei bambini suggeriscono una risposta precoce delle cellule B policlonali con produzione di un numero sostanziale di plasmablasti, per lo più di isotipo IgM». Si tratta di una risposta che invece «non si osserva negli adulti con malattia grave». Gli studiosi però ribadiscono che «sono in corso ulteriori studi per mostrare la differenza nelle specificità degli anticorpi dei bambini e degli adulti». Un’altra ipotesi è che le B cells, avendo anche la funzione di secernere citochine, permettono ai bambini non solo di proteggersi, ma anche di «ridurre il danno tissutale immuno-mediato, in particolare, nel polmone». Per gli scienziati la ricerca del vaccino resta la via da seguire per riuscire a sconfiggere il nuovo coronavirus, ma in una situazione di emergenza come quella creata dalla pandemia di Covid-19, indagare sul sistema immunitario dei bambini potrebbe aiutare molto nella gestione dell’emergenza.