Gli ultimi dati sull’emergenza Coronavirus in Lombardia aggiornati alla giornata di ieri parlano di 125 casi positivi in più in tutta la Regione. Si sottolinea un calo ulteriore delle persone attualmente contagiate e un miglioramento dei pazienti ricoverati negli ospedali della Lombardia, così come una riduzione del numero di letti occupati in terapia intensiva. Un trend, dunque, che conferma i dati positivi, reso possibile anche dall’aumento delle persone guarite nonostante nelle ultime 24 ore ci siano stati ancora 21 morti risultati positivi al Covid-19, sei in meno del giorno precedente, facendo tuttavia salire il numero complessivo dei decessi in regione a 33.899. Alla luce di questi dati, gli esperti smorzano in parte i toni sul “caso Lombardia” spiegando che il numero dei casi positivi ancora alto rientra nel normale andamento dell’epidemia nella Regione. A spiegare ciò che sta succedendo, come riporta l’agenzia Ansa, è stato Carlo Signorelli, ordinario di Igiene e sanità pubblica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano il quale ha precisato che proprio la Lombardia, essendo stata la prima ad essere colpita da più focolai, “è anche l’ultima a rientrare nella normalità. Ma questa non è una sorpresa, perché si ricollega all’onda dell’epidemia”.



“NESSUN CASO LOMBARDIA”: PARLA SILERI

Ma quali sono i dati da tenere in considerazione quando si parla dell’emergenza Coronavirus? Signorelli ha chiarito: “i dati che danno l’andamento vero del virus sono quelli del numero di ricoveri in ospedale in terapia intensiva e dei morti, tutti in calo”. Qualcosa di fatto è cambiato: “Vediamo un’aggressività minore della malattia. Gli ammalati si presentano con sindromi cliniche caratterizzate da una gravità infinitamente inferiore rispetto a quanto osservato a marzo e aprile”. A smorzare i toni smentendo la presenza di un “caso Lombardia”, come riferisce Il Giorno, è stato anche il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, per il quale non vi è alcun “problema Lombardia”. Sileri ha rassicurato asserendo: “Vedo numeri in calo con terapie intensive vuote. L’Italia è aperta. I focolai possono essere ovunque e, nel caso, andranno prese misure di contenimento chirurgiche e mirate”. Quindi ha proseguito spiegando che i pazienti arrivano sempre meno in ospedale e quelli che lo fanno non sono in condizioni così gravi come accadeva nei mesi scorsi. E sul virus, ha concluso, “Circola meno, magari fosse mutato”. Sicuramente si nota “un’aggressività minore della malattia. Gli ammalati si presentano con sindromi cliniche caratterizzate da una gravità infinitamente inferiore rispetto a quanto osservato a marzo e aprile. Al momento non è chiara la ragione di ciò, ma questo è un dato di fatto incontrovertibile”, ha aggiunto Lorenzo Dagna, docente all’Università del San Raffaele e primario di immunologia.

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