Se la notizia sarà confermata, farà senza dubbio discutere: secondo quanto filtra da Palazzo Chigi, sono previste novità nel Decreto Dignità connesso all’emergenza epidemiologica da Coronavirus, con una modifica che non susciterà di certo la gioia dei lavoratori precari. Stando a quanto riferisce “La Repubblica”,  si va verso la sospensione, almeno per l’intera durata del Covid-19, dell’obbligo della causale legale per il rinnovo dei contratti a tempo determinato (compresi quelli in somministrazione) o, in subordine, del rinvio della contrattazione collettiva delle causali stesse. Un rischio che, peraltro, era già stato ipotizzato dalla Banca d’Italia all’interno di una memoria inerente al decreto “Cura Italia” e depositata presso la Commissione Bilancio del Senato: “Nell’affrontare la crisi innescata dal Coronavirus, il Governo non ha previsto interventi in favore della generalità dei dipendenti a tempo determinato”. Una sottolineatura che ora si rivelerebbe più che mai profetica, al netto di eventuali ribaltoni, al momento difficili da ipotizzare.



CORONAVIRUS, NOVITÀ NEL DECRETO DIGNITÀ: CROLLO DELL’OCCUPAZIONE NEL TRIMESTRE DICEMBRE-FEBBRAIO

Al di là del Decreto Dignità e delle sue potenziali variazioni, la situazione non migliora di certo se ci si concentra sui dati relativi all’occupazione nel trimestre dicembre 2019-febbraio 2020. Come scrive l’Istat nell’ultima rilevazione sul mercato del lavoro, l’occupazione è in evidente calo (-0,4%, pari a – 89mila unità) per entrambe le componenti di genere e per i 15-49enni. Diminuisce anche tra i dipendenti permanenti e gli autonomi, mentre una lieve crescita si rileva tra i dipendenti a termine. Nello stesso trimestre calano lievemente anche le persone in cerca di occupazione e aumentano gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+ 51mila unità)”. Come riferito da “La Repubblica”, l’Istat ha anche effettuato una prima analisi sugli effetti del Covid-19, prefigurando due scenari relativi rispettivamente allo stop delle attività produttive limitato a marzo e aprile e, nel secondo caso, fino a giugno. Nella prima ipotesi la caduta del valore aggiunto coinvolgerebbe 385mila occupati (circa 9 miliardi di euro di retribuzioni); nella seconda, 900mila occupati coinvolti e 20,8 miliardi di euro di retribuzioni.

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