Cosa fanno i preti durante l’emergenza coronavirus? Si nascondono, stanno chiusi in sagrestia per non infettarsi? L’ordinanza governativa che ha fatto chiudere le chiese, vietando ai fedeli di radunarsi in esse, e soprattutto di partecipare alla liturgia e quindi a ricevere l’eucarestia, il gesto fondante della fede cristiana, in sostanza l’unico gesto che vale, ricevere il corpo di Cristo, ha gettato nello sconforto tanti cristiani. Alcuni si sono lamentati fortemente, dicendo che si è trattato di un abuso, di una restrizione della libertà religiosa. Attaccando anche i vescovi che, secondo loro, si sono sottomessi allo stato. Non è così naturalmente. Il sacerdote che vive pienamente la sua missione non cessa mai di stare con il suo popolo. Riprendendo una formula che ha attraversato la teologia liturgica, possiamo dire che possono darsi messe sine populo, ma che ogni messa è sempre pro populo – per il popolo e in presenza di una comunità reale e invisibile. E questa fede vissuta muove, fa inventare gesti nuovi e originali. Come si vede in questo video, nessun prete si è nascosto in sacrestia. Nella parrocchia di san Luigi Gonzaga a Milano le religiose in servizio in questa chiesa tutte le sere alle 19 si trovano a recitare il Santo Rosario per chiedere l’intercessione di Maria per tutti i malati di coronavirus. Don Mattia Bernasconi ha chiesto il permesso al parroco che prontamente ha accettato di trasmettere tutti i giorni la Santa Messa in diretta Facebook e lui, il parroco don Umberto Caporali, ha annunciato che anche i riti della settimana santa saranno trasmessi in diretta. Nella parrocchia dei Santi Giacomo e Giovanni sempre a Milano don Luca Buffoni racconta di come tanti preti si siano messi in gioco con prontezza in modi diversi e originali. Naturalmente poi ci sono i tanti sacerdoti cappellani degli ospedali che stanno lì tutti i giorni in mezzo ai malati rischiando sulla propria pelle.
LA FEDE E IL CORONAVIRUS, ASPETTANDO LA PASQUA
Per don Andrea Mencarelli, insegnante di religione, continuano le lezioni con i suoi studenti come fanno i suoi colleghi e ci si collega con i fedeli che soffrono la solitudine con video chiamate per far loro compagnia. “Dopo questa esperienza diventeremo tutti esperti dei social” afferma don Jacques du Plouy parroco di San Carlo alla Ca’ Granda che si è attivato con la distribuzione di pacchi di cibo forniti dal Banco Alimentare per i parrocchiani bisognosi. Sono 90 la famiglie assistite in questo modo. La chiesa vuota non lo spaventa: “Guardo le panche vuote e vedo il volto dei parrocchiani che si siedono sempre agli stessi posti, e mi commuovo pensando a loro”.
Nel video qui allegato si vedono sacerdoti di altre città italiane, tutti impetuosamente impegnati a non cessare di annunciare la parola di Dio, come il prete che recita la messa dal tetto della parrocchia ai fedeli affacciati alle finestre.
Nessun virus può fermare la testimonianza del Signore, con buona pace di coloro che si lamentano perché le “regole” sono state manomesse. Essere cristiani non è vivere di regole, come è l’esempio di Gesù che venne al mondo proprio per sovvertire le regole dei farisei guarendo i malati anche nel giorno di sabato. Quello che lascerà questa esperienza è una fede rinnovata, più umile, più al servizio del prossimo. Come dice il parroco di San Luigi Gonzaga, “dopo tutto questo c’è la Pasqua, la resurrezione, una vita nuova benedetta dal Signore”. Sarà una coincidenza, ma i contagi stanno cominciando a diminuire proprio con l’avvicinarsi della Santa Pasqua.