Molti Paesi stanno combattendo la propria battaglia contro il Covid-19, virus che nel giro di un paio di mesi ha stravolto le nostre abitudini e fatto soccombere migliaia di persone. Anche i paesi dell’area del Mediterraneo stanno mettendo in campo quanto possono per evitare la catastrofe e scongiurare la morte dei propri cittadini, ma non stanno facendo solo quello.
In Libia, che è considerato un paese a rischio per la pandemia, la sanguinosa guerra civile che sta devastando il paese da anni, non si è interrotta malgrado i richiami delle Nazioni Unite e della comunità internazionale per un cessate il fuoco per questioni umanitarie. Gli appelli sono rimasti inascoltati e qui entra in gioco un’altra nazione che negli ultimi anni ha fatto molto parlare di sé sia per questioni interne, tra cui la repressione dell’opposizione e le limitazioni delle libertà fondamentali, sia per la sua spregiudicata politica estera, basti pensare alla questione siriana: la Turchia.
Da tempo Ankara sta sostenendo il governo di Fayez al Serraj, e con lui ha siglato importanti accordi relativi allo sfruttamento delle risorse energetiche libiche. In questo periodo, vista la situazione sanitaria globale, ha interrotto i voli aerei con l’esterno.
Ma la situazione non è proprio lineare: infatti negli ultimi due giorni, secondo fonti legate al generale Haftar, i cieli libici sono stati sorvolati da aerei provenienti da Istanbul e diretti verso gli aeroporti di Mitiga e di Misurata. Secondo quanto ha dichiarato Gheith Asbaq, direttore dell’Osservatorio dell’Esercito Nazionale Libico (Lna), all’emittente Al Arabiya, venerdì 27 marzo un aereo civile libico è decollato da Tripoli per arrivare ad Istanbul, da dove poi è ripartito il giorno dopo con un carico a bordo. Inoltre, sempre secondo Asbaq, domenica 29 marzo un altro aereo sarebbe partito da Misurata verso Istanbul per poi fare ritorno, sempre carico.
Si tratterebbe di voli non registrati, visto il blocco causa Covid-19, e non è dato sapere cosa trasportassero, ma si può ragionevolmente ritenere che si tratti di armi, attrezzature e combattenti siriani. A conferma di questa teoria vi sarebbe l’impennata dell’escalation di scontri di queste ultime ore. Infatti il generale Haftar ha intensificato gli attacchi alla periferia di Tripoli e nelle zone di confine con la Tunisia conquistando alcune città. Come risposta il Governo di Accordo Nazionale (GNA) del premier al-Serraj il 26 marzo, ha lanciato l’operazione militare “Tempesta di Pace”.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani sarebbero 4.750 i combattenti siriani inviati in Libia dalla Turchia. Il fatto che comunque continuino ad approdare in terra libica non fa che aumentare il rischio di un contagio, visto che in precedenza si trovavano in territorio turco, paese che sta attraversando la tempesta Covid-19, malgrado gli sforzi del governo per negare l’effettiva gravità della situazione.
A parte ciò, è evidente che i due paesi stanno continuando a portare avanti le proprie attività, anche quando si tratta di continuare una guerra. Il Covid-19 potrebbe però giocare un ruolo decisivo, basti pensare alla guerra dei numeri che potrebbe scatenarsi tra le parti che si danno battaglia su fronti diversi, un fattore che potrebbe essere importante anche se si considera il potere destabilizzante che può rappresentare una pandemia: uno su tutti la pressione a cui sarebbe esposta la popolazione civile già lungamente provata dalla guerra che imperversa da anni nella ex colonia italiana.