Nuovo capitolo della “fiction” (per ora dobbiamo necessariamente chiamarla così) la cui trama prevede che il Coronavirus sia stato creato in un laboratorio di Wuhan e diffuso erroneamente nel mondo: questa volta, come riporta il Corriere della Sera, viene coinvolta (indirettamente) addirittura la Francia e una specifica storia la cui origine va ricercata addirittura nei primi anni del terzo millennio. Siamo nel 2003, quando in Cina esplode l’epidemia di Sars: il presidente Hu Jintao chiede collaborazione nel contrastare l’esplosione di malattie infettive e la trova nella Francia, all’epoca guidata dal capo di Stato Jacques Chirac e dal premier Jean-Jacques Raffarin. La nazione transalpina apre in maniera sensibile alla Cina e, tra le altre cose, nasce un’intesa sulla lotta alle malattie emergenti (tra queste anche l’influenza aviaria): nel concreto, si decide per l’apertura di un laboratorio P4 per lo studio di virus altamente patogeni, di classe 4 (che è la più alta per grado di pericolosità). Finanziamenti cinesi, tecnologia ed esperti francesi, luogo di costruzione Wuhan.



Perchè Wuhan? Per la storia: nell’Ottocento infatti era stata questa zona ad essere concessa ai francesi secondo la divisione della sponda del fiume Hankou (si parla di accordi mercantili) e dunque pareva la scelta più logica, essendo le due nazioni impegnate fin da allora in rapporti economici. Tanti marchi transalpini sono sorti a Wuhan, tra i più famosi Renault, L’Oréal e Pernod-Ricard; ora, va detto che fin dal principio gli Affari Esteri (una fonte al suo interno lo aveva detto a Le Figaro) avevano sollevato qualche dubbio circa la costruzione di un laboratorio P4, definendolo “una bomba atomica batteriologica”; e, prendendo a esempio un virus dall’altissima letalità come l’Ebola per avvertire di come le misure di sicurezza debbano essere seguite alla lettera, paventava già uno scenario – anche di tipo politico – nel quale dal laboratorio ultimato e in funzione i francesi sarebbero stati estromessi.



A questo punto saltiamo al 2018, quando finalmente il sito viene inaugurato: Emmanuel Macron visita per la prima volta la Cina come presidente della Francia, e l’occasione è quella buona. Peccato che la fonte anonima agli Affari Esteri avesse ragione: da quel momento, tecnici ed esperti francesi nel laboratorio di Wuhan non si sono mai visti. L’anno prima il primo ministro Bernard Cazeneuve, recatosi in loco per verificare lo svolgimento dei lavori, si riferiva alla metropoli dell’Hubei come “la piccola Francia” e con orgoglio annunciava l’arrivo di 50 scienziati francesi nel laboratorio P4; i quali non sono mai arrivati. La storia è tornata di attualità grazie ad un articolo comparso sul Washington Post che, tracciando le varie tappe dell’emergenza Coronavirus, ha ricordato che nello stesso 2018 il personale dell’ambasciata Usa in Cina aveva avvisato messo in allerta Washington circa l’assenza delle adeguate misure di sicurezza nel laboratorio.



Per questa ragione Mike Pompeo, il segretario di Stato degli Stati Uniti, ha già invocato un’inchiesta per vederci chiaro e scoprire se effettivamente quel sito a Wuhan abbia legami accertati con la diffusione mondiale del Coronavirus; lo stesso Macron, presente il giorno dell’inaugurazione, ha affermato che “sicuramente sono avvenute cose che non sappiamo” e, dalla Germania, Angela Merkel ha bacchettato la Cina intimando una maggiore trasparenza. Ufficialmente, di questa pandemia di Coronavirus non sappiamo ancora nulla: allo stato attuale delle cose sono emerse soltanto voci, indiscrezioni, accuse, teorie più o meno valide ma pur sempre ipotesi non supportate dai fatti. Chissà se prima o poi, quale che sia, la verità verrà a galla…