Se il nuovo coronavirus avesse fatto il salto di specie in Italia, sarebbe stato individuato subito. Non ha dubbi in tal senso Antonio Sorice, presidente SIMeVeP, la Società italiana di Medicina Veterinaria Preventiva. «Il focolaio sarebbe stato circoscritto e la diffusione del contagio contenuta», ha dichiarato ai microfondi di Sanità informazione. Questo perché in Italia c’è un sistema di prevenzione che permette una sorveglianza continuativa da parte dei servizi sanitari del sistema sanitario nazionale, in stretta collaborazione con i servizi medici. «Tale sorveglianza consente di intercettare sin da subito le patologie che derivano dal mondo animale e che possono essere trasmesse all’uomo, le cosiddette zoonosi», ha aggiunto Sorice. Inoltre, ha spiegato che dal 1954 i servizi veterinari sono tenuti per legge a comunicare ai servizi medici delle Asl ogni anomalia che riscontrano. «Ciò consente una rapida attivazione di tutto il sistema di allerta previsto per la risoluzione di problematiche di questo tipo». D’altra parte, non c’è quella promiscuità uomo-animale in luoghi affollati come i mercati che si vede in Asia.



“CORONAVIRUS IN ITALIA SAREBBE STATO SCOPERTO SUBITO”

Il sistema di sorveglianza italiano funziona. Lo assicura Antonio Sorice, presidente SIMeVeP, il quale cita anche alcuni casi del passato. «È già capitato che in Italia siano state intercettate patologie causate da batteri o parassiti di animali e che possono essere trasmesse all’uomo», ha dichiarato a Sanità informazione. Questo è il caso della brucellosi, che colpisce diversi tipi di animali, come mucche, pecore, capre, cervi, maiali e cani. «Ne è un esempio e contemporaneamente la dimostrazione dell’efficacia della sorveglianza italiana. I casi di brucellosi verificatisi in Italia, negli anni scorsi, sono stati immediatamente individuati e arginati». Secondo Sorice il sistema italiano funziona, proprio come quello europeo, quindi può essere un modello da replicare. «Ma a questa andrebbe associato il divieto di promiscuità uomo-animale in luoghi affollati come i mercati», ha evidenziato il presidente SIMeVeP. Gli scienziati australiani intanto hanno avviato un addestramento di veterinari ed operatori del settore agricolo, trasformati in “cacciatori” di virus. Lo metteranno in atto in 11 paesi asiatici, per arrivare a individuare le malattie zoonotiche, quelle che effettuano il salto di specie e costituiscono gran parte delle malattie infettive emergenti, come il coronavirus.

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