Quando il Papa esce sulla piazza, Roma indossa il vestito da sera: è “l’ora che volge il disio ai navicanti ‘ntenerisce il core e che lo novo preregrin d’amore punge, se ode squilla di lontano” (D. Alighieri). L’ora del vespro: messi in ginocchio dal male, l’invito è d’inginocchiarci di fronte a Dio. Il Papa staziona sul sagrato della Basilica simbolo della cristianità: (so)stare sulla soglia, nel mezzo del naufragio, è concedere alla Grazia di transitare dentro e fuori per soccorrere i figli suoi: “Da settimane sembra sia scesa la sera – ha detto Francesco commentando la pagina della tempesta sedata (Mc 4,35-41) –. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa”. C’è la Salus Populi romana, c’e il Crocifisso di San Marcello che salvò Roma dalla peste del 1522. C’è il colonnato del Bernini, l’abbraccio che manca nei giorni in cui il Covid-19 ci stringe d’assedio. Anche il Bene stringe: c’è chi stringe così forte che sembra voglia romperti; c’è chi, stringendoti, prova ad aggiustare i cuori in affanno. La Vita e la Morte: anche stavolta colte nell’attimo del duello.
“Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat” cantano i cristiani nelle loro liturgie. Al popolo, in questi giorni, hanno tolto tutto: le ordinanze tentano d’arginare la buriana. Al popolo credente hanno tolto il Pane di bocca: “Mi manca la Messa, l’Eucaristia, Dio!” gridano. È il grido rauco dei discepoli: “‘Maestro, non t’importa che siamo perduti?’ – continua Papa Francesco –. Pensano che Gesù si disinteressi di loro, non si curi di loro”. Il mondo, nel mondo la Chiesa, ondeggia in un mare agitato: è legge di marina che le cose importanti le impari quanto tutto è calmo, ma quelle fondamentali le capisci solo nell’assedio di una tempesta.
Tra le cose più fondamentali, poi, Dio: “Con la tempesta è caduto il trucco: siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci di tutto” ha continuato il Papa. Ci siamo scordati, forse, di Dio, l’ospite inutile. Convinti, #andràtuttobene: sms, chiamate, canti al balcone, bandiere. Aggrappati a tutto, siamo rimasti piegati a terra: un cuccio barattato per l’Eterno. Abbiamo bisogno di tutto, tutti, tranne di Dio. Quel Dio che, svegliatosi dal sonno, porge domanda: “Perché avete paura? Non avete ancora fede”. La fede, quell’arnese che pare inutile al tempo delle vacche grasse, “non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te” tratteggia il Papa. Un tempo si celebravano le rogazioni: “A fame, a peste, bello: libera nos, Domine”. Lo urlavano attraversando i campi, i boschi, i dirupi: pregando si contagiavano. A noi, però, più che il numero dei contagi è giunto il loro grido a Dio. I capitelli eretti attestano che il Cielo ha risposto loro.
Sul sagrato il Papa è solo. La barca di Pietro non chiede pesci, la devasta un dubbio: “Al tuo Dio, Pietro, importa qualcosa che noi moriamo?”. Di fronte a Dio il Papa è il più solo di tutti i solitari al mondo: Dio è la sua unica compagnia. Sulle spalle porta tutto il popolo in affanno: riporta a Dio i loro occhi come fosse un gregge d’armenti, “batte le ali contro la tempesta avendo fede che dietro questo tumulto splenda il sole” (V. Woolf). Il Sole maiuscolo: “‘Taci, calmati!’ Il vento cessò e ci fu grande bonaccia”. La Croce, ancora una volta, è “àncora, timone, speranza”. Nessun pescatore ha mai ritenuto ragione plausibile il fatto che il mare sia pericoloso per rimanere a terra: “Tu cura, studia, ricerca, allevia, impegnati, condividi l’ingegno – pare suggerire il Papa col gesto di ‘fermare’ il mondo –, ma non dimenticarti mai che è solo Dio che potrà strappare via il male”.
Le tempeste dell’anima sono peggiori di quelle della sabbia: ma ci sono occhi che, nel naufragio, aprono fessure inaspettate. Che, per Dio, sono feritoie attraverso le quali incunearsi: “Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio – ammonisce il Papa –, il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”. Che l’uomo ritorni a Cristo: “Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio” chiude il Papa. In sottofondo il rintocco delle campane si mescola al suono delle sirene: Cristo, la Polizia, le ambulanze. La piazza è deserta: eppure c’è il mondo intero dentro.
L’umanità, fissa su quell’uomo inginocchiato sul sagrato, sta sola “sul cuor della terra trafitta da un raggio di sole: ed è subito sera” (S. Quasimodo). Tutto scompare, nell’ora del crepuscolo: rimane solo chi deve. Il mare è di chi resta dopo il tramonto: l’Ostia, il silenzio, lo sguardo di Pietro. Un lungo Sabato Santo d’attesa. E, nell’attesa, l’abbraccio di Cristo: è di quelli che, quando smettono di stringerti, continui a sentirtelo addosso. “Dal potere di Satana e dalle seduzioni del mondo (liberaci, o Signore)”! Ho attraversato la tempesta, Signore, abbiamo lottato fino all’ultimo: ora si riparte. È di un attimo quest’intuizione, ma profuma dell’Eterno. Il Crocifisso, striato dalla pioggia, mostra lacrime d’ingrandimento.