All’Italia, per uscire dalla morsa del Coronavirus, serve più tempo. La data del 3 aprile, individuata dal governo e dalla presidenza del Consiglio dei Ministri, è troppo vicina secondo gli esperti e c’è il rischio di non liberarsi dell’emergenza sanitaria che grava sulle spalle del nostro Paese. Lo afferma sulle colonne de “Il Messaggero” Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, aggiungendo che “siamo ancora nella fase acuta dell’epidemia di Covid-19, ma qualche timido segnale positivo lo possiamo osservare sul numero dei ricoveri e delle terapie intensive”. Tuttavia, nessuno osi intonare le note del più classico dei peana, avverte Pregliasco: È troppo presto per sperare di vedere un cambiamento significativo e non dobbiamo affatto stupirci se gli effetti delle misure restrittive non sono ancora evidenti. Sarà così anche domani, dopodomani e per qualche altro giorno ancora. Diciamo che ci vuole all’incirca una settimana per scorgere un primo segnale positivo, ad esempio una lieve flessione nell’aumento dei casi. E ci vogliono all’incirca 2 settimane per sperare se non in una frenata, quantomeno in una stabilizzazione”.



CORONAVIRUS, QUANDO FINIRÀ? “DIFFICILE DIRLO, MA…”

La fretta è da sempre ritenuta una cattiva consigliera, ma in questo caso specifico lo è ancor di più. Occorre pazienza, occorre essere validi cunctatores per scongiurare il rischio di vanificare quanto di buono fatto fin qui attraverso i vari decreti emanati. “È difficile fare previsioni – commenta Pregliasco –, ma in base all’andamento del Coronavirus in Cina e ai dati italiani, possiamo stimare uno scenario con picco a fine marzo e la fine del problema in Italia tra maggio e giugno. Sarà interessante vedere come si comporterà la Cina nei prossimi giorni, ora che sembra quasi essere uscita dall’emergenza; certamente non si potrà riprendere le attività subito e tutte insieme. Sarà un errore che dovremo evitare di fare anche noi per evitare in un ritorno dell’emergenza”. Inoltre, secondo il virologo, fra gli elementi che possono influire c’è l’incognita rappresentata dal resto d’Europa e dalla Gran Bretagna. “Stiamo vedendo mancanza di coordinamento e azioni disomogenee, che possono rovinare quello che si sta facendo in Italia”. Infine, un consiglio a tutto il popolo italiano: Non concentriamoci molto sui numeri, ma sulla battaglia che stiamo conducendo. Stringiamo i denti e seguiamo le misure di contenimento”.

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