Ora è ufficiale, il referendum sul taglio dei parlamentari in programma il 29 marzo prossimo è stato rinviato “sine die” per i motivi ben noti dell’emergenza Coronavirus: «Non c’è ancora una nuova data, è un rinvio tecnicamente sine die», ha ribadito il premier Giuseppe Conte nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri dove ha presentato le misure economiche del Governo a sostegno di imprese e famiglie. La nuova data sarà decisa entro il 23 marzo: una volta sentiti i comitati del Sì e del No, si dovrebbe tenere la consultazione tra il 10 e il 31 maggio. Per questo motivo prende corpo la possibilità di creare un solo Election Day con Regionali e Amministrative (sempre che non vengano rinviate anche quelle per il Coronavirus, ma ad oggi non è dato saperlo): «Siamo in una situazione di grave emergenza economica e stiamo cercando di recuperare ogni euro disponibile. Non possiamo permetterci che il referendum sia un costo aggiuntivo. Cercheremo di ottenere l’accorpamento di tutte le date, da qui a giugno, in un’unica data», spiega in tarda serata il capo M5s Vito Crimi dal Senato. Di contro, il fronte del No la Fondazione Einaudi da un lato spinge per il plauso sul rinvio del Referendum ma non accetta l’idea dell’accorpamento: «Qualora il Governo intendesse proporre un accorpamento con elezioni amministrative, i nostri costituzionalisti e gli avvocati sono già al lavoro per valutare tutti i possibili ricorsi avverso tale gravissima violazione delle basilari norme democratiche. Infatti al danno della mancata assicurazione di adeguata informazione attraverso i media, ad iniziare dalla tv pubblica, si aggiungerebbe la beffa di un referendum che sarebbe inevitabilmente travolto dalla battaglia tra i partiti», spiega la Fondazione in una nota molto dura. Secondo i senatori Andrea Cangini, Tommaso Nannicini e Nazario Pagano, sulla stessa linea, «Sarebbe molto grave se il governo decidesse di accorpare il referendum con le elezioni regionali. Non sarebbe accettabile una consultazione referendaria con un’affluenza a macchia di leopardo e soprattutto la confusione che si creerebbe per la sovrapposizione tra campagne elettorali così diverse tra loro. Non è un caso che nella storia repubblicana i referendum costituzionali non siano mai stati accorpati ad altre consultazioni». Compiendo un “balzo politico” in avanti non sono pochi che riflettono sul fatto che con lo spostamento del referendum – e di tutte le dovute conseguenze, come l’asse sui collegi uninominali e la legge elettorale ancora tutta da scrivere – potrebbe davvero essersi “blindata” la legislatura fino al 2022 almeno, quando si voterà per il nuovo Capo dello Stato. Se infatti si rimanderà il voto in settembre, quando probabilmente il virus sarà bello che debellato, la nuova legge potrà essere pronta ad inizio 2021; poi però ci sarà il semestre bianco ad agosto 2021 quando non si può sciogliere le Camere e quindi lo scollamento verso il 2022 potrebbe essere di lì a venire.. (agg. di Niccolò Magnani)



RINVIO REFERENDUM 29 MARZO

L’emergenza coronavirus si abbatte anche sul referendum sul taglio dei parlamentari, originariamente in programma per il prossimo 29 marzo 2020. Negli ultimi giorni si è discusso molto della possibilità di posticipare la consultazione, pochi minuti fa è arrivata la conferma dell’esecutivo: dopo la chiusura delle scuole e la cancellazione di qualsiasi manifestazione pubblica per l’allarme Covid-19, fonti di Governo hanno certificato che il referendum salta. Come spiegano i colleghi de La Stampa, la decisione verrà ufficializzata alla fine del Consiglio dei ministri: tecnicamente verrà sospeso con rinvio a data da destinarsi, ma circolano le prime ipotesi. La maggioranza, infatti, ha tempo fino al 20 marzo 2020 per fissare una nuova giornata elettorale e si potrebbe andare alle urne a maggio. Qualora si scavallasse la data del 20 marzo, sarà necessario ripartire da zero con le procedure per la convocazione di una nuova data e la tempistica potrebbe dilatarsi.



CORONAVIRUS, SALTA REFERENDUM TAGLIO DEI PARLAMENTARI: A RISCHIO LE REGIONALI?

Oltre al referendum sul taglio dei parlamentari, il coronavirus mette a rischio anche le elezioni Regionali in Valle d’Aosta. «Aspettiamo l’evoluzione di questi giorni e poi verificheremo i percorsi possibili, anche alla luce di eventuali rinvii del referendum costituzionale del prossimo 29 marzo», le parole del presidente della Regione Renzo Testolin, sono attesi aggiornamenti nel corso delle prossime ore. Come spiega La Stampa, oggi c’è stata una discussione a riguardo nel corso della riunione dei capigruppo del Consiglio Regionale, ecco il commento della presidente del Consiglio Emily Rini : «Abbiamo chiesto a Testolin di fare gli opportuni approfondimenti su questa tematica». Dubbi sulla possibilità di poter svolgere la campagna elettorale con i relativi comizi, ma non solo: da valutare anche la modalità per lo spoglio, che prevede la creazione di seggi centralizzati con elevata concentrazione di persone.

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