Il coronavirus continua a rappresentare un’incognita importante per l’economia in questo inizio 2020. Standard & Poor’s ieri ha tagliato le stime di crescita del Pil globale dello 0,3% in virtù del rischio rappresentato dalla velocità e dalla diffusione dell’epidemia. In effetti, evidenzia il vicepresidente della Fondazione Edison, Marco Fortis, l’impatto sull’economia «dipenderà anche da quale sarà l’evoluzione del contagio, se l’allarme rientrerà in tempi brevi o meno. A questo elemento di incertezza si aggiunge anche il fatto che in ogni caso l’economia cinese ha subito e subirà un rallentamento, con conseguenze a cascata che possono colpire altri Paesi. So di aziende italiane che non stanno ricevendo le merci che avevano ordinato. In buona sostanza abbiamo una situazione paragonabile al blackout del commercio mondiale del 2009, con una differenza».



Quale?

Allora il crollo del commercio mondiale, che in sei mesi fece registrare un calo degli scambi del 30%, era accompagnato da un blocco del mercato interbancario dovuto alla sfiducia, elemento oggi assente. Tuttavia è chiaro che se la “fabbrica del mondo” si ferma e anche le spedizioni da e per la Cina rallentano, l’impatto sugli scambi, ancora tutto da decifrare, sarà sicuramente importante. Naturalmente più lungo sarà il rientro verso una situazione di “normalità”, più saranno forti i contraccolpi sul commercio mondiale. Se poi consideriamo che siamo reduci da un periodo in cui già c’è stato un rallentamento degli scambi dovuto alle tensioni sui dazi, il quadro non è certo confortante.



Non dobbiamo aspettarci nulla di buono quindi.

Non possiamo dimenticare il momento di crisi dell’auto tedesca, che è strutturale e di lungo periodo, perché ancora non è chiaro che tipo di automobili dovranno produrre le imprese e quali comprare i cittadini. Francamente non sono in grado di fare delle previsioni, ma credo che il commercio mondiale non potrà che risentire per almeno 3-6 mesi in maniera negativa di tutto questo scenario in cui ci sono delle situazioni di difficoltà che si stanno accavallando.

Considerando i nostri scambi con la Cina, l’economia italiana rischia un’ulteriore frenata dopo quella registrata alla fine dello scorso anno?



Oltre al rallentamento degli scambi intracomunitari dovuto all’avvitamento della Germania, ora c’è il rischio di una frenata del nostro export verso la Cina, le cui valutazioni sono complesse da trarre. Molto dipenderà anche da come i cinesi vivranno questa situazione: se resteranno chiusi in casa certamente consumeranno di meno, anche prodotti italiani. E poi bisognerà vedere per quanto resteranno bloccati i flussi turistici, visto che spesso le visite dei cinesi si accompagnano a importanti acquisti nei nostri negozi.

Senza dimenticare le eventuali tensioni politiche tra Pechino e Roma che sono già emerse nei giorni scorsi…

Non è da escludere che possano portare a un atteggiamento diverso nei confronti dei nostri prodotti. D’altro canto però non si può non apprezzare la scelta di prudenza adottata dalle autorità per evitare che la malattia possa diffondersi nel nostro Paese. Le esigenze dell’economia e quelle della protezione sanitaria in questo frangente non coincidono e bisogna fare delle scelte.

Questa settimana abbiamo però già avuto una doccia fredda con i dati sulla produzione industriale: il 2019 si è chiuso in negativo e non succedeva da 6 anni.

Non è solo il dato negativo a doverci preoccupare, ma il fatto che la curva della produzione industriale è in continua discesa e sembra potersi prevedere un ulteriore peggioramento. Tanto è vero che l’Ufficio parlamentare di bilancio ha già abbassato le stime di crescita del Pil per quest’anno. Se ci va bene rischiamo un altro anno come quello scorso, senza considerare le conseguenze che potrà avere il coronavirus.

Quali politiche si possono adottare per invertire la tendenza?

Si è già dibattuto nelle scorse settimane sulla necessità di rilanciare in una fase come questa gli investimenti pubblici. Concordo. Certo ci potrebbe essere nel breve periodo un aumento del debito pubblico, ma questo sarebbe poi ampiamente riassorbito da un effetto positivo sul Pil che terrebbe sotto controllo il parametro debito/Pil. Che sicuramente non scende con queste crescite dell’economia a colpi di zero virgola, visto il costo del rifinanziamento del debito. Tuttavia mi pare che siamo in una fase in cui è difficile che ci siano delle convergenze nella maggioranza, ora divisa sulla prescrizione. Ed è abbastanza singolare che si parli di questo tema, certo importante, anziché di iniziative di politica economica.

Il Governo ha intanto varato il taglio del cuneo fiscale. Aiuterà l’economia?

Secondo me si tratta di una misura interessante, al di là della cifra in gioco, perché allarga la platea dei beneficiari degli 80 euro in maniera importante e psicologicamente ci potrà essere un impatto significativo sui cittadini e il loro potere d’acquisto. Questo potrebbe aiutare a far aumentare i consumi, che non sono crollati in questi anni, ma la cui crescita resta bassa. Servirebbe però, in questa situazione di rallentamento economico, un boost al Pil con gli investimenti pubblici. Bisognerà vedere se questo Governo sarà in grado di dar vita a un rush di decisioni per sostenere l’economia in una fase così complicata.

(Lorenzo Torrisi)

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