Si può morire anche a 34 anni, in piena salute e senza patologie pregresse: il coronavirus non fa “sconti” e sebbene le statistiche ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità fino ad oggi diano segnali “incoraggianti” – solo l’1,2% dei decessi avviene “solo” per l’insorgere coronavirus – la notizia che arriva da Roma Tor Vergata ha sconvolto non solo la povera famiglia che ha neanche potuto dire addio al suo Emanuele. «E’ deceduto al Policlinico di Tor Vergata un uomo di 34 anni ricoverato in condizioni gravi in terapia intensiva. Proveniva da un viaggio in Spagna. E’ in corso l’indagine epidemiologica da parte della Asl Roma 2 ed è stato richiesto l’esame autoptico per accertare le cause del decesso. Esame che verrà eseguito presso l’istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani», ha spiegato in una nota ieri pomeriggio l’Unità di Crisi Covid-19 della Regione Lazio. In conferenza stampa della Protezione Civile è stato chiesto ieri quali fossero le reali pericolosità per chi avesse un’età ancora molto giovane e senza alcuna patologia, proprio come sembra sia morto il povero Emanuele Renzi: la replica del n.1 del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli, è che purtroppo non si può escludere per nulla il rischio anche per i più giovani ma per il momento le statistiche pongono quote davvero bassissime per i decessi sotto i 50 anni.
MORTO A 34 ANNI, IL DRAMMA DEL PAPÀ
Il dramma però di una vita spezzata resta purtroppo “intatto” e così lo racconta oggi al Corriere della Sera il papà di Emanuele Renzi: «Stava bene! Nessuna malattia!. Mio figlio aveva un fisico integro, perfetto. Da sportivo. Era sanissimo, non fumatore… Adesso la posso salutare?», racconta disperato il genitore ai medici del Policlinico Tor Vergata, da giorni ormai il terzo ospedale completamente dedicato al coronavirus nella Capitale. In attesa di capire cosa abbia effettivamente provato l’aggravamento del quadro clinico nelle scorse ore, un parente di Emanuele lancia un attacco piuttosto duro alle autorità sanitarie: «Emanuele è morto perché in ospedale è arrivato in ritardo. I primi sintomi sono stati sottovalutati». Lavorava in un call center e proveniva da un viaggio in Spagna: «era stato a Barcellona dal 6 all’8 marzo e il 9 marzo è stato il suo ultimo giorno di lavoro e poi si era posto in auto isolamento, ha mostrato i primi sintomi di febbre il giorno 11 e il 16 è stato trasferito, su indicazione del suo medico, in ambulanza e ricoverato al Policlinico di Tor Vergata dove entrava in terapia intensiva», racconta ancora il parente che ha deciso di rimanere anonimo. Toccherà all’Istituto Superiore di Sanità scoprire perché e come sia morto all’improvviso il povero ragazzo di 34 anni nelle isolate camere di terapia intensiva del Pronto Soccorso di Tor Vergata.