Rocco Santo Filippone, boss della ‘ndrangheta di Melicucco, centro della Piana di Gioia Tauro, resterà ai domiciliari fino a quando l’emergenza coronavirus non sarà da considerarsi esaurita. Questa la decisione della Corte d’appello di Reggio Calabria, su richiesta degli avvocati Guido Contestabile e Angelo Sorace, legali del 72enne imputato in Corte d’Assise nel processo “‘Ndrangheta stragista”. A motivare il provvedimento dei giudici sono stati “motivi di salute” riconducibili alle condizioni di Filippone, ritenuto uomo di fiducia del clan Piromalli. Come riportato dall’Ansa, Rocco Santo Filippone è finito a processo con l’ex capo mandamento di Brancaccio di Palermo Giuseppe Graviano, dopo un’indagine coordinata dal procuratore aggiunto della Dda reggina Giuseppe Lombardo sui rapporti ‘Ndrangheta-Cosa Nostra’ nell’ambito della strategia stragista dei primi anni Novanta.
ROCCO SANTO FILIPPONE, BOSS ‘NDRANGHETA AI DOMICILIARI
Ma quali sono stati i sopracitati motivi di salute che hanno portato la Corte d’appello di Reggio Calabria a concedere i domiciliari ad un presunto boss di ‘ndrangheta come Rocco Santo Filippone? A spiegarlo sono stati gli stessi avvocati Guido Contestabile e Angelo Sorace, secondo i quali il provvedimento giudiziario si è reso necessario in ragione delle “condizioni particolarmente a rischio” del loro assistito. Il boss, come attestato anche dai sanitari del carcere delle “Vallette” di Torino dov’era recluso, risulta affetto da patologie “cardio-vascolari gravi”. Come riportato da Il Fatto Quotidiano, nel processo a carico di Filippone si ipotizza che lui e Graviano siano i mandanti dell’omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo, avvenuto nel gennaio 1994 nei pressi dello svincolo di Scilla sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria. L’assassinio, secondo l’ipotesi accusatoria, rientrerebbe nella strategia di attacco e ricatto allo Stato da parte della mafia e della ‘ndrangheta, in quel frangente alleate.