Una sequenza di coronavirus non legata al ceppo tedesco, che si è diffuso in Italia, ma vagamente somigliante a quello dei coniugi cinesi curati allo Spallanzani. È stata isolata a Padova, nell’ambito di uno studio italiano su 59 sequenze. A rivelarlo è il professor Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano. Ed è subito giallo, perché «è una roba che non sappiamo da dove sia arrivata». E non si sa neppure se si sia diffusa, «perché può essere arrivata da un contesto in cui l’infezione non era particolarmente marcata». Una cosa è certa: è la prima volta che i ricercatori hanno trovato qualcosa che non abbia a che fare col coronavirus che si ritiene sia arrivato dalla Germania. La sequenza isolata a Padova «somiglia vagamente a quella dei due coniugi cinesi, curati allo Spallanzani, che probabilmente erano cattivi diffusori e non hanno lasciato una scia di infezioni in Italia e avevano portato il loro virus direttamente da Wuhan». Cinque mesi dopo l’inizio dell’emergenza, spunta dunque il giallo del virus cinese in Veneto.



CORONAVIRUS, IL GIALLO DEL CEPPO DI PADOVA

Il ceppo in questione è stato identificato nel tampone di una persona ricoverata al policlinico universitario di Padova a marzo. Si tratta di un caso unico nel suo genere, in quanto quello che ha causato gran parte della pandemia di Covid nel mondo è approdato a Codogno da Monaco, quindi dalla Germania. L’enigma è dato dal fatto che il paziente esclude di aver viaggiato e di aver avuto contatti che riguardano l’Asia. Lo studio in questione è stato pubblicato sulla rivista scientifica Viruses. La ricerca nasce dall’esigenza di aggiornare le banche-dati, che contenevano solo 77 campionature del genoma, quindi del patrimonio genetico del coronavirus. Così ne vengono effettuate altre 59. Tutte le stringhe risultano in linea col ceppo europeo, tranne una, quella appunto del paziente di Padova. Si tratta di un 76enne che è sopravvissuto a gravi manifestazioni di Covid nonostante l’età avanzata e la presenza di diverse comorbidità. Questo virus appartiene allo stesso lignaggio (B) dei primi due casi importati in Italia dalla regione di Hubei, cioè la coppia di turisti cinesi.



La scienza al momento non sa spiegare come possa essersi contagiato il 76enne padovano, non avendo viaggiato e non avendo avuto contatti con soggetti infetti. «L’origine di un tale ceppo rimane inspiegata e ulteriori indagini sono in corso per valutare se questo ceppo possa aver giocato un ruolo nel causare l’epidemia, almeno localmente», scrivono i ricercatori nello studio. Inoltre, vogliono capire se il ceppo attualmente predominante sia stato più virulento di quello iniziale o se la diffusione di quest’ultimo sia stata limitata da fattori casuali. «Questo signore, assolutamente veneto per nome, cognome e storia personale, ha un virus che somiglia a quello dei signori cinesi, che per Padova non sono mai passati», ha dichiarato l’infettivologo Massimo Galli a Cartabianca.

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