C’è un motivo se il coronavirus ci sembra meno pericoloso rispetto ai mersi scorsi. L’ipotesi è frutto di uno studio internazionale a cui ha lavorato per l’Italia l’epidemiologo Massimo Ciccozzi del policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma. La ricerca, pubblicata sul Journal of Translational Medicine, dimostra che Sars-CoV-2 sta “perdendo pezzi”. Nello specifico una piccola parte di una proteina dell’Rna del virus, che si chiama Nsp1, come riportato da Repubblica. Questa proteina ha il compito di regolare la replicazione del coronavirus e pure la sua patogenicità. Se la perdita di questi frammenti, chiamata “delezione”, diventasse comune, allora il coronavirus avrebbe più difficoltà a riprodursi e attaccare l’organismo umano. Trattasi della quarta variante in circolazione dall’inizio dell’epidemia, il problema è che questa delezione capita in un caso su cento, quindi non poi così diffusa. La scoperta è però importante perché l’eliminazione di alcune proteine è irreversibile e apre nuovi scenari anche sugli asintomatici positivi al coronavirus.
CORONAVIRUS, CEPPO MENO LETALE: IPOTESI SU ASINTOMATICI
C’è comunque un’altra buona notizia. Questa delezione del coronavirus potrebbe ripristinare la risposta del sistema immunitario innato. Quindi, non solo ci aiuterebbe a difenderci, ma anche a contrattaccare. Quanto scoperto è emerso in passato anche per Sars e altre influenze endemiche. «Il nostro lavoro dimostra che il genoma del coronavirus sta cambiando profondamente», spiega Massimo Ciccozzi, coordinatore italiano dello studio. Alla luce di questa scoperta ritiene che si debba «indagare se i soggetti asintomatici o con pochi sintomi abbiano proprio questo particolare ceppo virale, o altre delezioni della proteina nsp1». Inoltre, attraverso ulteriori studi, bisognerebbe cercare di correlare questi cambiamenti in nsp1 con una minore patogenicità. Questa variante comunque è stata individuata in diverse zone del mondo.
Secondo Robert C. Gallo, uno dei scopritori dell’Hiv e direttore dell’Istituto di virologia umana all’università del Maryland, «è possibile che ci si stia muovendo verso una diminuzione della patogenicità». Se questa variante fosse diffusa soprattutto tra gli asintomatici, e se fosse confermata da studi epidemiologici e di laboratorio, allora vorrebbe dire che stanno nascendo ceppi virali meno patogeni. Questa è l’ipotesi dei ricercatori, che però invitano a non abbassare la guardia, in quanto «un’infezione virale ha sempre strascichi, anche negli asintomatici».