Il campionato di Serie A potrebbe non finire e, di conseguenza, lo scudetto non venire assegnato; oppure, anche se si fermasse comunque per l’emergenza Coronavirus, il titolo di campione d’Italia potrebbe venire concesso nonostante le giornate non siano state disputate per intero. E’ già successo? Risposta negativa nel primo caso, affermativa – con un solo precedente – nel secondo. Premessa: si sta parlando comunque di epoche diverse ed episodi ben differenti tra loro. In nessun caso dunque si potrebbe arrivare a dire che “siccome allora si fece in quel modo, facciamolo anche oggi”: in mancanza di un regolamento specifico (che in effetti non esiste), anche la pandemia da Covid-19 va affrontata giorno per giorno e provando a prendere una decisione che, magari anche impopolare, sia però quella che maggiormente rispecchia la realtà dei fatti. Seconda premessa: chi scrive, ha già detto di come sarebbe forse meglio chiuderla qui e non assegnare lo scudetto. Tuttavia, un tuffo nel passato non guasta mai.
Sgombrando subito il campo, diciamo che in questo discorso non rientra la Serie A 2004-2005: quello scudetto ancora oggi non è assegnato, ma sul campo aveva vinto la Juventus e il campionato era regolarmente terminato prima che Calciopoli rivoluzionasse quel torneo e quello seguente. Giusta o meno che sia la decisione di revocare il tricolore 2005 e assegnare all’Inter quello seguente, non è il caso che stiamo affrontando. Dunque, non esiste un precedente di scudetto vacante: l’Italia del calcio si è fermata solo per le due guerre (tra il 1915 e il 1918, poi tra il 1943 e il 1943 e il 1945) ma le cronache riportano che, primo, quei campionati non iniziarono mai e, secondo, se anche il torneo ufficiale non ebbe luogo si giocarono dei campionati sostitutivi, non omologati ma comunque disputati (nel 1915-1916 per esempio, il Milan vinse la Coppa Federale che all’epoca era anche considerata a tutti gli effetti, per venire “screditata” negli anni a venire).
CORONAVIRUS SERIE A: IL CASO DEL GRANDE TORINO
Il secondo caso è il più spinoso: fu il quinto scudetto consecutivo del Grande Torino, la cui ultima partita disputata è uno 0-0 a Milano – contro l’Inter – alla quintultima giornata. La tragedia della Basilica di Superga avvenne il 4 maggio 1949: due giorni più tardi la Federazione decise che quella Serie A fosse vinta dai granata, che avevano già 4 punti di vantaggio sugli stessi nerazzurri. Eppure, anche quel torneo fu completato: il Torino scese in campo con una formazione giovanile e, per rispetto e parità di competizione, le avversarie fecero lo stesso (per la cronaca: i piemontesi le vinsero tutte). All’epoca, il presidente federale era Ottorino Barassi: la sua decisione fu comunque forte ma “ovvia”, dettata dal buonsenso e dal fatto che comunque fosse andata quel campionato fosse stato “falsato” (virgolettato d’obbligo, cosa sarebbe accaduto se il Toro avesse sempre perso con le giovanili e l’Inter lo avesse scavalcato in classifica?). Lo scudetto del Torino non fu un premio postumo o un’onorificenza “moralistica”, fu la constatazione che, nel momento in cui per la squadra era impossibile tornare a giocare, erano i granata in testa alla classifica.
Ora, se volessimo seguire il precedente del Grande Torino – ed evidenziando come già detto le differenze, che sono enormi – lo scudetto per la Serie A 2019-2020 dovrebbe essere assegnato alla Juventus. Il motivo sarebbe lo stesso: i bianconeri sono la squadra che, anche considerando la partita in meno dell’Inter, quando il campionato ha disputato l’ultima giornata completa è in testa alla classifica, prendendo in considerazione la 26^ giornata o la 24^ (cambierebbe poco). Non ci spingiamo a dire che sia giusto o meno (non è il nostro intento stabilirlo), ci limitiamo a dire che in assenza di una regola chiara, e qualora la Serie A si dovesse interrompere davvero, una decisione andrà presa e questa decisione, fosse anche non assegnare lo scudetto, accontenterà qualcuno per scontentare altri. Per dirla tutta: è comprensibile che oggi la Lazio spinga per terminare la stagione sapendo di potersela giocare come mai negli ultimi 20 anni, ma anche Claudio Lotito (e soprattutto il portavoce biancoceleste Arturo Diaconale) dovranno eventualmente chinare il capo e accettare che probabilmente il Coronavirus potrebbe avere la meglio.
Tuttavia, sempre stando al 1949, c’è anche l’esempio contrario: il disastro aereo del febbraio 1958 (a Monaco di Baviera) costò la vita a 23 persone (sulle 44 a bordo) tra cui 8 calciatori del Manchester United, lasciando l’allenatore Matt Busby in fin di vita per settimane e Bobby Charlton vivo per miracolo. La Uefa, per solidarietà, aveva invitato i Red Devils a partecipare alla Coppa dei Campioni successiva; la federazione inglese però pose il veto, affermando che la squadra non si era qualificata. Ci andò il solo Wolverhampton, eliminato agli ottavi – per i Wolves il turno di esordio – dallo Schalke 04: ecco, in quel caso si può dire che la FA avesse giudicato male? O che la proposta dell’Atlético Nacional, al contrario, di assegnare la Copa Sudamericana alla Chapecoense (ricorderete lo schianto aereo del 2016), accettata dalla CONMEBOL, fosse giusta? In un caso il regolamento è stato applicato alla lettera, nel secondo assolutamente no ma in tanti (quasi tutti) hanno detto che non si potesse fare altrimenti, anche se la doppia finale non era nemmeno cominciata e il titolo non fu ex aequo, ma andò ai soli brasiliani.
Ecco perchè il Coronavirus pone un dilemma complesso e interessante, nel quale non si può parlare di regolamenti, scandali, favoritismi o altro. Proprio per questo, un invito o quel che sia: in un periodo nel quale spopolano flash mob sui balconi, applausi sincronizzati, cori da stadio, hashtag di solidarietà e tanti appelli a rimanere uniti nella difficoltà e nello strazio di una pandemia ancora in atto, sarebbe davvero triste, brutto, controproducente e soprattutto inutile mettersi a litigare per uno scudetto (e qualunque sia il verdetto finale, ovviamente). Importante, sicuramente, ma mai quanto la necessità di debellare il Coronavirus e fare di tutto perché non dilaghi una seconda pandemia, violenta tanto questa e magari anche di più. Ci auguriamo che chi è chiamato a ufficializzare il piano del calcio per il prossimo futuro lo abbia in mente, e se poi si potrà tornare a giocare e concludere questa stagione saremo contenti.