Il coronavirus crea nel polmone una risposta mai vista prima. «Le cellule si “fondono”, come magnetizzate, creando una sorta di nuova struttura, in modo assolutamente mai visto», ha dichiarato la professoressa Rossana Bussani, docente di Anatomia patologica dell’Università di Trieste e prima firmataria dello studio pubblicato su Lancet in collaborazione con i ricercatori del King’s College di Londra. Dalla ricerca non è emerso solo che il coronavirus provoca una fusione da cui si formano cellule gigantesche, ma anche un nuovo meccanismo d’azione del Sars-CoV-2. «La replicazione virale non sembra spegnersi, come si riteneva fino a ieri, in soggetti con patologia in stadio avanzato», ha dichiarato Bussani al Fatto Quotidiano. L’analisi di 41 pazienti deceduti per Covid ha permesso ai ricercatori di scoprire una “ongoing replication” anche dopo oltre un mese dall’esordio della malattia. La ricerca ha quindi evidenziato che le difficoltà di molti pazienti che sopravvivono alla malattia possono essere spiegate in questo modo. Le difficoltà sperimentate nel ritorno alla normalità rientrano nella cosiddetta “sindrome del Covid lungo”.
PICCO VIREMICO? NO, CORONAVIRUS CONTINUA A REPLICARSI
Quei macroelementi cellulari, frutto della fusione di svariate cellule, si evidenziano quindi anche dopo 30-40 giorni dal ricovero in ospedale. «Queste cellule derivano dalla capacità della proteina Spike del virus di stimolare la fusione delle cellule infettate con le cellule vicine», ha dichiarato la professoressa Rossana Bussani al Fatto Quotidiano. Ma finora secondo la letteratura scientifica la fase iniziale è quella di replicazione virale, quella con il picco viremico, ne segue una in cui il Covid intacca i polmoni e genera una risposta immunitaria abnorme che può essere fatale, la cosiddetta “tempesta di citochine”. Questo studio invece dimostra che la replicazione virale prosegue anche in fase avanzata, giustificando la cosiddetta “sindrome del Covid lungo”. «Abbiamo trovato evidenza della proteina nucleocapsidica virale anche in polmoni di soggetti dopo 30-40 giorni dalla diagnosi. Questo dato fa immaginare una specie di ongoing replication stressando un ruolo patogenetico continuativo dell’infezione virale», ha spiegato Bussani.