Spagna e Italia “Paesi uniti nel bene e nel male”: ne è convinto Darío Menor Torres, corrispondente dall’Italia del quotidiano spagnolo El Correo. “Bene” dal punto di vista della ritrovata unità e solidarietà popolare, “male” per le cifre catastrofiche. Gli spagnoli contagiati dal coronavirus sono più di 56.000 e i morti sfiorano le 4.100 unità. Le ragioni di questo contagio impressionante, secondo Menor Torres, risalgono probabilmente allo stile di vita, anche questo simile a quello italiano: gente che ama vivere insieme, all’aperto, in gruppi, cosa che ha permesso il diffondersi del virus. Ma ci sono anche colpe del Governo, che «per paura di una opposizione sociale ha ritardato a imporre le misure di restrizione e isolamento».
La Spagna insieme all’Italia è il Paese europeo più colpito dal coronavirus. Secondo lei perché?
Nessun Paese del mondo è stato in grado di prevedere quello che sta accadendo e poteva essere preparato. Quello che posso ipotizzare, almeno per la Spagna, è che lo stile di vita, simile a quello italiano, abbia facilitato il contagio.
Uno stile di vita molto sociale e comunitario, intende?
Esatto. Gli spagnoli amano ritrovarsi nelle strade, nelle piazze, nei locali dove c’è contatto fisico e lo spazio è ridotto. La Spagna ha però ritardato a mettere in atto misure di contenimento simili a quelle italiane. Inizialmente, quando ancora non c’erano tanti casi, il Governo ha fatto fatica a mettersi in moto. Si pensava che l’Italia riuscisse a controllare l’epidemia e che la Spagna non sarebbe stata colpita allo stesso modo. Personalmente, vivendo in Italia, non riuscivo a capire come mai il mio Paese non stesse adattando le stesse misure restrittive.
Cosa è successo per cambiare idea?
Gli esperti dell’Oms ci spiegavano che le misure da prendere erano quelle. Ma c’era paura che la gente non le rispettasse. Se il Governo avesse ordinato di chiudere tutto ma la gente non avesse obbedito, avremmo avuto un problema sociale enorme, che si aggiungeva a quello del virus. Con gradualità si è poi arrivati alle misure italiane.
Il contagio è sempre alto?
Secondo il nostro responsabile della Protezione civile siamo molto vicini al picco. Speriamo sia così.
Come reagisce il sistema sanitario spagnolo? Prima del virus in che condizioni era?
In Spagna abbiamo un sistema sanitario pubblico molto buono, ben fornito. C’erano tanti stranieri, soprattutto inglesi, che venivano a farsi curare per i vantaggi economici rispetto al loro sistema sanitario. Durante la grande crisi economica degli scorsi anni, ovviamente, sono stati effettuati tagli al sistema. Ma lo consideriamo ancora un pilastro della Spagna e un motivo di orgoglio.
Il Governo spagnolo però ha chiesto aiuto alla Nato per avere macchinari, respiratori, mascherine. È così?
Sì, si stanno chiedendo aiuti dappertutto. Con il boom dei contagi così veloce il sistema sta ovviamente soffrendo, come succede anche in Lombardia, che pure vanta un sistema sanitario molto efficiente. Si stanno installando ospedali da campo e si stanno cercando soluzioni nuove per avere respiratori a prezzi più economici e in modo più veloce.
La Spagna ha attraversato una gravissima crisi separatista con la Catalogna: questa emergenza come ha inciso sul popolo? Come reagiscono le persone?
Abbiamo seguito i passi dell’Italia nel bene e nel male. C’è una ritrovata solidarietà e unità, ci sono momenti conviviali sui balconi di tutto il Paese, si cerca di tirar su il morale della gente e del personale sanitario. Ogni sera ricevo dozzine di video di amici che mi mostrano questi momenti molto belli.