Come stiamo affrontando in Spagna una situazione così complessa come quella determinata dal coronavirus? Non è facile rispondere, visto che tutti, assolutamente tutti, abbiamo dovuto dire la nostra in qualche maniera; tutti noi siamo stati colpiti. Non si tratta solo di una grande crisi sanitaria con conseguenze catastrofiche nella vita politica ed economica. Si tratta anche di una crisi sociale, che ha rovesciato un sistema che in tanti sensi pensavamo infrangibile. Evidentemente, abbiamo a che fare tutti i giorni con la morte, col dolore, con la solitudine, come quasi tutti in tutto il pianeta. Comunque, come tutte le crisi, sta diventando anche una grande opportunità per capire qual è la nostra consistenza in un mondo che pare inconsistente, quali sono i nostri riferimenti in un mondo senza riferimenti.
Sulla stampa spagnola, al di là delle solite risposte frenetiche davanti a ciò che è sconosciuto, abbiamo potuto leggere dei commenti molto pertinenti, che fanno venire a galla una grande intelligenza davanti alla confusione e all’incertezza che dobbiamo vivere.
1) Vulnerabilità. “Non sto parlando del puro caso, ma di qualcosa di più semplice da capire: non abbiamo controllo sulle nostre vite” (Pedro G. Cuartango, ABC, 20/03/2020). Mi pare che qualcosa di così evidente sia a volte difficile da riconoscere o da accettare: tutto nel nostro contesto culturale tende a dire il contrario. Una crisi come questa, invece, sottolinea come le nostre risposte arrivano sempre in ritardo, sono sempre imprecise.
2) Ritorno al reale. “Facciamo esperienza del reale attraverso la resistenza che fa nascere, e che può anche diventare dolorosa” (B. Chul Han, El País, 23/03/2020). Non avere il controllo implica accettare che ci sono dei fattori che non dominiamo, fattori precedenti dai quali, in qualche maniera, dipendiamo. La realtà provoca un grande dolore, offre una resistenza, che non si può dissolvere automaticamente.
3) La forza di alcuni legami. Viviamo solitamente trascinati da un ritmo pazzesco: a casa, al lavoro, prevale tante volte un modo impaziente di vivere. Questa situazione ci ha introdotto, senza chiedere permesso, in una strana serenità. Non è detto che stare rinchiusi abbia come conseguenza necessaria quella di ricostruire un legame sano con le cose e le persone, ma mi sembra che abbiamo l’opportunità di capire di nuovo quali sono le nostre priorità. Davanti a tanti discorsi astratti, per esempio riguardo all’eutanasia, siamo testimoni in questi giorni del tentativo commovente di medici e personale sanitario di salvare fino all’ultimo anziano. E quando non ci si riesce, fa male, fino alle lacrime. Abbiamo anche l’opportunità di guardarci in faccia, di riconoscerci in gesti semplici e profondamente umani. “Oggi siamo tutti sulla stessa barca. Con lo stesso dramma, con lo stesso sforzo, con la stessa speranza. Servirà questa crisi per rifare la nostra vita politica, dopo tanti anni di fratture interne?” (F. Sánchez Costa, ABC, 18/03/2020).
4) Bisogno di costruire. Tutto si è fermato e allo stesso tempo è ancora in corso. Cosa possiamo offrire ai nostri figli e studenti in questo momento? Di quale creatività abbiamo bisogno per ricominciare? Chi vuole continuare a costruire, senza rimanere bloccato dalla paura o dall’insicurezza?
Mi pare che al di là della goffaggine di tanti dei nostri politici o dell’ansia che ci invade, stanno affiorando alcuni fattori decisivi, non solo per affrontare meglio questo periodo, ma anche il futuro che, ovviamente, sarà carico di difficoltà.