Sulle cartine geografiche restano gli Usa, ma il primo effetto del coronavirus è quello di aver fatto venire a galla gli Stati Divisi d’America. L’emergenza sanitaria per qualche giorno aveva illuso una parte di analisti e di osservatori che l’umanità avrebbe rivisto le proprie priorità e messo da parte le divergenze in nome del bene comune. La realtà, in sfregio a tutte le previsioni più ottimistiche, ha rivelato all’opposto come le divisioni culturali siano state rette finora da un fragile equilibrio. Equilibrio che è saltato, nel momento stesso in cui gli americani hanno fatto i conti con le limitazioni imposte dal lockdown. Le immagini dei manifestanti che imbracciano i fucili in Michigan, chiedendo la riapertura dello Stato e delle attività, sono solo la punta dell’iceberg. Libertà personali e di culto religioso, armi, aborto: l’America ribolle e il suo presidente non fa nulla per spegnere il fuoco. Anzi…
STATI DIVISI D’AMERICA: IL CORONAVIRUS SPEZZA GLI USA
Sono in gran parte conservatori di destra, molto spesso estremisti, suprematisti bianchi, componenti lo zoccolo duro del consenso Trumpiano, gli uomini e le donne che in questi giorni scendono in strada chiedendo il ripristino della normalità in America. Il bello e il brutto del federalismo d’Oltreoceano, dove Trump rinuncia alla scelta di assumersi la piena responsabilità della gestione della crisi lasciando carta più o meno bianca ai governatori, si traduce in una situazione di caos che vede gli Stati andare in ordine sparso. Se la governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer (tra le papabili per essere indicata come vice di Biden) estende le restrizioni anche all’uso di barche a motore, negli Stati a guida Repubblicana come il Texas, l’Ohio e l’Alabama l’aborto viene incluso tra le procedure mediche elettive: quelle cioè che dovranno aspettare fino alla fine dell’emergenza per essere ripristinate. Con tanto di minaccia del procuratore generale repubblicano del Texas, Ken Paxton, pronto ad avvertire i medici fornitori di aborto che sarebbero stati “soddisfatti con tutta la forza della legge” se non avessero smesso di operare.
STATI DIVISI D’AMERICA: ARMI, ABORTO, LIBERTA’ DI CULTO
Chiese e armi sono gli altri fronti caldi della protesta. I conservatori religiosi lamentano il mancato inserimento tra le attività essenziali dei luoghi di culto: “Perché i supermercati sono aperti e le chiese no?“, protestano in tanti. Ralph Reed, fondatore della Coalizione Fede e Libertà e un organizzatore veterano della destra religiosa, sul New York Times ha messo in guardia i Democratici: “Se non stanno attenti, prenderanno quello che pensano sarà un referendum su Donald Trump e lo trasformeranno in un referendum sulla negazione delle libertà fondamentali“. The Donald dal canto suo deve aver compreso l’opportunità politica scaturita dalla crisi: lo dimostrano i tweet di sostegno ai manifestanti che chiedono la riapertura. Casualmente, solo negli Stati a guida Democratica. Schierata dalla parte del tycoon anche la NRA, la potente lobby delle armi, nonostante i negozi di armi da fuoco siano rimasti liberi di commerciare praticamente in tutto il Paese. “Vogliono le vostre armi. Le vogliono tutte“, ha dichiarato la leggenda della musica country Charlie Daniels in un video promozionale che ha registrato per la NRA. Per ora, il rischio di una rivolta sembra improbabile. Ma il prezzo da pagare del coronavirus per la società americana sarà anche il comparire di una spaccatura più profonda in un tessuto già da anni logorato dalla polarizzazione. Qualunque presidente dovrebbe metterlo in conto. Anche Donald Trump.