Nelle ore drammatiche del coronavirus ogni dimensione della vita sociale subisce un’accelerazione, così come nell’esperienza di ciascuno. Mentre al tempo della bonaccia si usa dire “tutto si assesterà, soprassediamo”, in emergenza si sceglie e si scarta, le questioni teoriche acquistano dimensioni pratiche. L’Italia l’abbiamo sotto gli occhi, abbiamo i piedi a bagno in eroismi meravigliosi e confusioni penose. Livelli confliggenti tra Stato centrale e regionale. Un sistema sanitario, specie in Lombardia, che ha retto i colpi di un’emergenza spaventosa, nell’incomprensione e con gli attacchi di Roma e di posizioni ideologiche stataliste. Scarso posto al principio di sussidiarietà, come capita spesso quando il potere pretende di stringere le viti della sicurezza.
E la Svizzera? Guardare lì può aiutarci? Per ragioni di cultura e prossimità in tanti sensi, è soprattutto il Canton Ticino a riguardarci. L’Italia ha in comune lingua e due laghi (il Maggiore e quello di Lugano), ma resta indelebile nel profondo il segno inciso nel popolo dall’arcivescovo san Carlo Borromeo. Ci è d’aiuto uno strumento di qualità da poco nato, Il Federalista, un giornale quotidiano breve, informato e filante dove si percepisce la discepolanza di chi guida e della redazione all’insegnamento di cultura e umanità del grande vescovo di Lugano, Eugenio Corecco (1931-1995).
Innanzitutto, il cittadino italiano resterà certo colpito da una notizia, osservando la condizione di tante aziende piccole e medie, di negozianti, partite Iva, operai, che non capiscono niente. Che si vedono promesse sovvenzioni, ma la cui riscossione prevede clausole complicate. Invece qui è semplice, chiaro. Perché? Non lo so. Basta a spiegarlo la ricchezza? Non lo so.
Trascrivo: “Sul piano finanziario segnaliamo una seria e rapida (vedete che il detto popolare non è infallibile?) mobilitazione di Governo federale, Banca Nazionale e banche (oltre 300!) per attuare un piano di crediti (fino a 500mila franchi) a lunga scadenza e zero interessi, a beneficio delle aziende (già 20mila si sono fatte avanti). Sul piano economico, importanti le misure a sostegno dei disoccupati, circa le quali segnaliamo solo la proroga di 120 giorni per le indennità giornaliere (i dettagli li trovate sul sito del Consiglio federale )”.
Subito credito gratis per piccole aziende e le piccole attività. La velocità e la certezza sono decisive. Si comincia subito. Non dopo che si è sconfitto il virus. Mentre la gente è a casa, ed è assediata da molte angosce, la certezza della chiarezza e semplicità del soccorso finanziario e dello Stato è qualcosa che dà un sostegno alla pace familiare e alla resistenza alla malattia.
La finanza è in mano a Berna, al governo federale. E così quella di divieti e chiusure che riguardano la sicurezza sanitaria. Ma la mentalità federalista è talmente innestata nella classe dirigente e nella popolazione che il Canton Ticino dinanzi alla rilassatezza dell’esecutivo centrale ha avvisato che avrebbe agito autonomamente. Ci sono stati scontri. Infine le autorità luganesi hanno praticato uno strappo, che qualcuno ha definito incostituzionale. Hanno emanato provvedimenti di grande severità, senza aspettare – come si è dovuto fare in Italia con Roma – il timbro di Berna. La quale non ha digerito bene la faccenda, ma ha deciso di fatto di consentire la regionalizzazione dei provvedimenti. Accettando nella pratica il primato della sussidiarietà verticale.
Si dice a Lugano di Berna, Zurigo e Basilea quel che a Milano e Torino si dice di Roma. Burocratici, lenti. In Canton Ticino c’è un detto popolare che dice: “Gli svizzeri tedeschi si alzano presto, ma si svegliano tardi”. Non nei confronti dei problemi economici però, come si è visto non è andata così. Nessun pasticcio, un decreto solo.
Scrive Il Federalista: “Il sistema sanitario risponde bene, specie in Ticino, l’emergenza incalza, soprattutto nei reparti di terapia intensiva, ma l’organizzazione e il morale reggono. Nel resto d’Europa, ormai centro mondiale della pandemia con 205mila casi e 12mila morti, si teme un collasso ospedaliero. Lo dicevamo lunedì: i Paesi europei hanno, con gli Usa, la miglior medicina del mondo, ma saper curare bene, essere all’avanguardia nelle terapie non vuol dire essere pronti a fronteggiare un’emergenza epidemica. Si può dire che da decenni l’Europa non ne conoscesse più. In altri paesi, specie asiatici, le malattie epidemiche sono rimaste costantemente d’attualità, anche nei primi vent’anni di questo secolo. Quanto al federalismo, pupilla dei nostri occhi, abbiamo l’impressione che questa prova potrebbe risultargli salutare, svecchiarlo, dinamizzarlo, farlo uscire rafforzato”.
Claudio Mésoniat, direttore editoriale, firma assai nota in Svizzera, in una lettera aperta a Gabriele Gendotti spiega come lo Stato proprio in tempi di emergenza possa e debba fondarsi sul principio di sussidiarietà. Non applicando regole astratte, ma lasciando spazio a esperienze vitali. Gendotti è un politico molto amato e popolare in Ticino. E ha sostenuto che i tempi di calamità mostrino la necessità di uno Stato “forte e laico”. Certo decisioni nette e risposte massicce possono e debbono essere fornite dallo Stato e da ciascuno dei 26 Cantoni. Ma questo non può voler dire annichilire ciò che di prossimo alle persone nasce nella società. Nessuna esclusione.
Conclude Mésoniat: “La partita della sussidiarietà, non si gioca con quattro regolette. In queste settimane, sulla scacchiera c’erano proprio tutti i pezzi, com’è giusto che sia per le occasioni storiche. Sarebbe sensato se Cantone e Confederazione pretendessero di svolgere su tutto il loro territorio servizi importantissimi di prossimità alle persone isolate e disorientate? No. Infatti lo stanno facendo, alla grande, i Comuni insieme, si noti bene, a una miriade di associazioni, ossia di corpi intermedi della società (dagli scout alle parrocchie, alle associazioni della terza età, come Atte o Pro Senectute, ecc.). Questa non è forse sussidiarietà? C’è un altro esempio di sussidiarietà. Da subito, in questa drammatica corsa per contenere i danni del virus, il Ticino ha registrato la discesa in campo, assolutamente decisiva, di una clinica privata, per giunta di matrice cattolica, la Clinica di Moncucco. Più di recente, anche il Cardiocentro ha offerto il suo aiuto. Sono tanti in questi giorni gli esempi di cordiale collaborazione tra privato e pubblico, dove lo Stato – forte e laico per carità: chi lo vuole debole e confessionale alzi la mano – può capire che la sussidiarietà è il motore di una società viva, anche se purtroppo essa ha dovuto ammalarsi perché questo dato balzasse vistosamente agli occhi di tutti”.