Di recente il CEBM (Centre for Evidence-Based Medicine) di Oxford ha eseguito un nuovo aggiornamento relativo alle stime di mortalità per Covid-19. Tra i vari paesi del mondo, i tassi di mortalità variano in maniera significativa e nel tempo e questo lascia supporre una notevole incertezza generale sul dato esatto. Ma cosa influenza maggiormente il tasso di mortalità? Le differenze maggiori stanno a significare che i soggetti con patologie gravi vengono sottopost a test preferenziali ma anche che possono esserci dei ritardi tra l’insorgenza dei sintomi ed i decessi. Tra gli elementi che contribuiscono ad avere numeri diversi anche l’assistenza sanitaria più scadente in determinati paesi o i dati demografici dei pazienti (ad esempio in Italia ci sono maggiori pazienti anziani). E poi c’è la differenza fondamentale: morti per e da coronavirus. In Cina si è stimato che il tasso di mortalità era più alto nella fase iniziale dell’epidemia, salvo ridursi allo 0,7% per pazienti con sintomi insorti dopo il primo febbraio. Qui la curva epidemia ha raggiunto il piccolo dal 23 al 26 gennaio, per poi iniziare a diminuire fino all’11 febbraio. Il tasso finale è stato del 2,3% con 1023 morti con 44672 casi confermati.



CORONAVIRUS, TASSO MORTALITÀ: PERCHÉ IN ITALIA È PIÙ ELEVATO

In Italia il tasso di mortalità potrebbe essere più elevato per via dell’età della popolazione e il numero molto alto di fumatori. Ma soprattutto perchè nel nostro Paese tutti coloro che muoiono negli ospedali con Coronavirus saranno inclusi nei numeri delle morti. Qui l’età media dei morti è di 19,5, 15 anni in più rispetto all’età media dei contagiati. L’attuale pandemia da Coronavirus sembra seguire le precedenti pandemie in quanto i tassi di mortalità per caso sono inizialmente molto alti salvo poi abbassarsi. A Wuhan, ad esempio, si è passati dal 17% all’1%. A tal proposito sulla base delle statistiche islandesi è possibile eseguire alcune interessanti riflessioni. Secondo le stime è emerso che lo 0,5% delle persone è infetto ma la cifra reale potrebbe essere più alta per via dei soggetti asintomatici portando la percentuale a salire fino all’1%. Il tasso di mortalità per infezione sarebbe dello 0,5%. Gli attuali dati provenienti dall’Islanda suggeriscono che il tasso di mortalità per infezione è compreso tra lo 0,05% e lo 0,14%. Occorre ora stabilire – ed è questo il punto importante – quante persone vengono infettate in un breve lasso di tempo in modo da stabilire in che misura ciò travolge i servizi sanitari e se possono gestire tutti i casi.

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