LONDRA – Sembra proprio che ai britannici piaccia fare il bastian contrario. Tutti fanno in un modo e loro fanno diversamente. Londra ha deciso per il momento di adottare un approccio “soft” di fronte alla pandemia di coronavirus. Mentre in Europa un paese dopo l’altro chiude scuole e università, qui resteranno aperte. Gli Stati Uniti, che avevano inizialmente minimizzato, ora corrono ai ripari chiudendo le frontiere e cancellando tutti gli eventi sportivi. Londra no.
Tra l’altro, da lunedì Washington chiude le frontiere anche al Regno Unito e alla Repubblica d’Irlanda, aggiungendoli alla lista dei 26 paesi europei da cui sono vietati i voli.
Sulla gestione di questa crisi si giocherà la leadership del premier. Da Boris Johnson la nazione attende risposte concrete e questo bisogno si farà mano a mano più pressante con l’aumentare dei morti e del panico e la diminuzione dei letti negli ospedali. Non serviranno allora a confortare la nazione i modelli matematici elaborati al computer dai super-consulenti scientifici.
Già, perché mentre tutti guardano all’esperienza della Cina e a quanto succede in questi giorni in Italia, tendendo ad adottare simili misure, il governo britannico preferisce un approccio “keep calm and carry on”. Si aggrappa incomprensibilmente alla strategia di due consulenti scientifici che invocano la necessità di sviluppare un’immunità collettiva al coronavirus lasciando che il 60% della popolazione venga contagiata. Non serve fermare lo sport, annullare concerti, proibire raduni di vario tipo. Lasciamo che la gente si infetti e sviluppi gli anticorpi. O sono dei geni loro, mentre nel resto del mondo sono tutti deficienti, o sono dei pazzi.
Uno dei due, Sir Patrick Vallance, chief scientific adviser del governo, ha spiegato che se almeno il 60% della popolazione sviluppa gli anticorpi al virus dopo il contagio, si potrà contrastare la futura diffusione del coronavirus.
Infatti, il virus potrebbe tornare già il prossimo inverno, potrebbe diventare una malattia stagionale come l’influenza. Allora Vallance ritiene che se milioni di persone nel Regno Unito contrarranno l’infezione, l’intera società svilupperà la cosiddetta “immunità di gregge” (herd immunity), cioè la resistenza al virus da parte di una popolazione. Questo, secondo la teoria, sarebbe il modo migliore per affrontare un’infezione destinata a restare con noi a lungo. Purtroppo però non c’è nessuna certezza sull’immunità: si tratta, appunto, di una teoria.
La sua efficacia è stata messa in dubbio dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il virus non è rimasto tra noi abbastanza a lungo per sapere come si comporterà dal punto di vista immunologico, ha detto alla Bbc Radio Margaret Harris, portavoce dell’Oms. Ma non è stata l’unica a sollevare dubbi. In una lettera aperta, 229 scienziati delle università britanniche affermano che l’approccio del governo “mette a rischio molte più vite del necessario” e aggiungerà stress sul sistema sanitario nazionale (Nhs). Prima ancora, l’ex ministro della Salute Jeremy Hunt aveva definito “sorprendente e preoccupante” la decisione del governo di non cancellare raduni di massa quando il Regno Unito ha “quattro settimane prima di arrivare allo stato in cui è ora l’Italia”. Dal settore medico molti hanno espresso perplessità sulla mancanza di azione e sulla perdita di tempo prezioso.
In settimana arriveranno probabilmente altri annunci da parte del governo. La pressione generata dal rapido diffondersi dei contagi e dai decessi (raddoppiati in un giorno), unita alle reazioni dell’opinione pubblica potrebbero costringere Johnson a rivedere la sua strategia. Potrebbe fare marcia indietro sui raduni di massa e proibirli, non tanto per convinzione, ma perché la situazione rischia di sfuggirgli di mano. Gli stessi organizzatori dei maggiori eventi sportivi, infatti, li hanno cancellati a catena per la pandemia. È il caso della Premier League, che ha sospeso le partite di calcio fino ad aprile, del cricket, del golf e della maratona di Londra.
Non può sfuggire che un approccio “soft” come quello finora mostrato da Johnson è meno traumatico per l’economia nel breve termine. Si continua a far la vita di sempre come se il virus non ci fosse, ignorando l’esperienza della Cina e pure quanto sta accadendo in Italia, a due passi da qui. Il business non chiude, i locali restano pieni, tutti sono contenti. Ma di sicuro tutto questo ha vita molto breve.