LONDRA – “È l’economia, stupido”. Lo slogan coniato da James Carville, grande stratega del Partito democratico, che sintetizza la strategia vincente del candidato presidenziale Clinton nel 1992, è diventato una delle pietre miliari del linguaggio politico. Ma questa volta è proprio da stupidi partire dall’economia.
Tradotto in italiano su Tempi, un ottimo articolo di Giorgio Gilestro – professore associato di neurobiologia dei sistemi complessi all’Imperial College di Londra – spiega la “scommessa” del Governo britannico guidato da Boris Johnson. Il ricercatore sintetizza e commenta il lungo intervento davanti alla commissione parlamentare per la salute di Chris Whitty, l’esperto medico (Cmo) del governo per la lotta al coronavirus.
Non sono un esperto di medicina, ma un economista che da ormai 20 anni insegna e fa ricerca in Inghilterra. Rimando all’articolo di Gilestro per i dettagli medici, ma in sostanza il governo britannico ha fondato la sua linea su due calcoli approssimativi.
Succede spesso che nelle situazioni di emergenza i governi debbano decidere interventi importanti in mancanza di dati precisi; gli economisti definiscono queste stime approssimative come “back-of-the-envelope”, letteralmente calcoli fatti in fretta sulle buste delle lettere che una volta mai mancavano sulle scrivanie.
Ecco i due calcoli fatti dal governo Johnson.
1) In media il 50% della popolazione verrà infettato, si va da un 20% minimo ad un 80% massimo, e ci si aspetta un tasso di mortalità non superiore all’1% degli infettati. In molti stanno già criticando queste stime come ottimiste, in ogni caso il dato sostanziale qui è che il governo UK ha messo in conto 300mila-400mila decessi per il Covid-19. Su molti quotidiani italiani è apparso lo shock di fronte a questo tipo di annuncio.
2) Il secondo calcolo è ancora più approssimativo e infatti non è nemmeno riassunto da un numero finale: è un’analisi costi-benefici che suggerirebbe che il costo economico di misure di contenimento sociale molto forti, in sostanza quelle che seguendo l’esempio italiano stanno via via adottando gli altri paesi europei, non valga il beneficio, dato che l’infezione tornerebbe non appena tali misure verranno interrotte. Gilestro spiega che l’Oms ha già raccomandato di non adottare questo tipo di strategia.
Anche se più o meno mascherata come strategia dell’immunità di gregge, perché una linea di fatto così apertamente cinica e con il rischio di così tanti decessi? Penso che tre osservazioni di politica economica possano essere utili.
1) Nella politica sanitaria inglese l’aspetto economico è determinante e storicamente l’analisi costi-benefici di un sistema sanitario è nata da queste parti. L’argomento sarebbe enorme da affrontare, ma il servizio sanitario inglese è di fatto troppo costoso in termini di Pil. Da più di 10 anni governi conservatori e laburisti promettono di migliorare la qualità del servizio razionalizzando le spese, ma in sostanza queste razionalizzazioni portano ad avere approcci più standardizzati e meno basati sulle esigenze individuali del paziente.
2) Gli annunci politici muovono i mercati finanziari, e come abbiamo visto questa settimana qualunque suggerimento di rallentamento dell’economia per effetto di politiche anti-contagio fa scendere le azioni e alzare i tassi di interesse sui titoli di Stato. Johnson ha sicuramente cercato di convincere i mercati che eventuali politiche di contenimento non danneggeranno troppo l’economia britannica, anche perché il suo ministro economico ha presentato proprio il giorno prima uno dei piani finanziari più costosi di sempre per il governo. Come dire, le risorse per un’emergenza ci sono, ma le useremo per crescere, non per rallentare.
3) Boris Johnson è il leader che ha vinto le elezioni sullo slogan di Brexit a ogni costo. Al momento i negoziati con l’Unione Europea suggeriscono che la Gran Bretagna non riuscirà ad ottenere granché. Quindi vuole dare un segnale forte ai suoi elettori che è proprio vero che l’isola britannica fuori dall’Europa ha molta più creatività e flessibilità nel creare politiche più adatte alla sua situazione. In soldoni: siamo coscienti delle conseguenze del virus, ma non vogliamo bloccarci.
Quindi possiamo capire la linea del governo Johnson dal punto di vista economico e politico, ma è del tutto evidente che è qualcosa di molto distante dall’idea di un governo che durante un’epidemia mette la salute dei cittadini al primo posto, e cerca di minimizzare il numero di decessi. Chiaramente un piano disumano e inconcepibile per gli italiani che stanno affrontando le conseguenze tragiche del virus.
Ma anche dal punto di vista puramente economico, tornando a calcoli probabilistici e dinamiche di mercati finanziari, molti possono obiettare che è una linea politica letteralmente suicida. Anche in questo caso l’argomento sarebbe enorme, ma in sostanza dalla crisi finanziaria globale del 2008 alle conseguenti crisi dei debiti sovrani in Europa, abbiamo imparato che i mercati reagiscono in fretta e in modo molto negativo a grossi rischi anche se hanno probabilità bassa (vedi l’effetto Lagarde pochi giorni fa): se tra qualche settimana la Gran Bretagna apparisse con troppi malati per il suo sistema sanitario già al limite, fuori dall’Europa, e con un governo odiato dai cittadini per una stupida scommessa sulle loro vite, sicuramente si può facilmente prevedere che una crisi sanitaria e sociale diventerebbe anche una tempesta finanziaria peggiore di quella già in corso. In sostanza: i mercati non sono entità indipendenti, ma possono anticipare e amplificare situazioni già molto difficili. Perché rischiare?
Personalmente non credo proprio che la strategia rischiosa di Johnson potrà durare a lungo. Mentre scrivo il numero di contagiati (ufficiali) si avvicina rapidamente alla soglia dei 2mila e quindi credo che una fase di contenimento sociale, anche se magari basata sulla libera opzione di genitori, scuole e aziende, inizierà. Cioè, come sempre, la dura realtà vincerà sulle idee e sulle teorie, ma rimane il dramma di dover imparare cadendo, quando magari si poteva ascoltare.
Un grande amico mi ha detto che quando non partiamo dal dato della realtà diventiamo tutti più stupidi, anche in politica. Credo però che non saranno stupidi i tanti italiani che vivono in Gran Bretagna. Quanto stiamo imparando dall’esperienza drammatica di tanti connazionali e dall’azione eroica di tutti gli operatori impegnati in prima linea ci dice molto chiaramente cosa dobbiamo fare, e in un misterioso dramma umano ci porta più vicini a loro.