LONDRA – In un colpo solo tre figure chiave nella lotta al coronavirus in Gran Bretagna sono state messe fuori gioco: Il premier Boris Johnson, il suo ministro della Salute, Matt Hancock e il Chief Medical Officer, Chris Whitty. Tutti e tre contagiati dal virus e ora in auto-isolamento.
Se fosse una guerra, e se il nemico fosse il Covid-19, ieri avrebbe vinto una battaglia importante. Il virus ha inferto un duro colpo alla Gran Bretagna andando a colpire il vertice della catena di comando: le tre persone impegnate in prima linea in questi giorni a implementare la strategia del governo, le più visibili in pubblico e le più impegnate sul fronte della comunicazione. Ora sono in isolamento e dicono che continueranno a lavorare da casa, grazie alla tecnologia. Virus permettendo.
Se la febbre resta bassa, magari. Se il mal di testa non è troppo forte. Se lo stato di malessere generale glielo permetterà potranno continuare a fare meeting a distanza e prendere decisioni. Ammesso che i sintomi restino lievi e che non subentri un deterioramento.
“Ho sviluppato sintomi lievi del coronavirus, vale a dire febbre e una tosse persistente”, ha detto il premier (55 anni) in un video postato su Twitter, pronunciando con enfasi la parola “lievi”. Ma la nazione ora è disorientata: le persone al comando si ammalano in un momento critico, con 759 morti per coronavirus e oltre 6.000 persone ricoverate in ospedale. Il sistema sanitario è quasi ai limiti delle sue capacità e pare che l’urgenza maggiore, in questo momento, sia fare test al personale in prima linea, medici, infermieri e medici di base.
Molti si chiedono se ci sia stata leggerezza da parte del governo. Si predica alla nazione la distanza di sicurezza ma fino a due giorni fa Johnson era in parlamento con altri politici, tutti seduti vicini e senza mascherine. E proprio la municipalità di Westminster fin dall’inizio ha avuto un alto numero di contagi, tra cui alcuni parlamentari che si sono messi in isolamento alcune settimane fa. Questo tuttavia non aveva impedito che il parlamento restasse aperto, tra le polemiche. Imprudenza? Sottovalutazione del problema? Negligenza?
Difficile poi che la distanza di sicurezza sia stata rispettata al numero 10 di Downing Street, dove Johnson in questi giorni ha continuato a ricevere persone e tenere riunioni. Ora lo staff ha dovuto lasciare gli uffici governativi e quelli del Tesoro al numero 11, che saranno disinfettati. Questo inevitabilmente porterà un forte rallentamento della “macchina da guerra” messa in piedi per contrastare il coronavirus nel Regno Unito. Decine di impiegati dovranno mettersi in auto-isolamento.
Il capo di gabinetto del governo, Michael Gove, che ieri si è trovato a gestire la conferenza stampa giornaliera in sostituzione del premier e del responsabile della Salute, ha promesso che dalla prossima settimana centinaia di medici e infermieri saranno testati per vedere se hanno contratto il virus. Precedenza sarà data anche a coloro che si occupano di assistere persone vulnerabili.
Tre ospedali d’emergenza sono in allestimento. A Londra l’esercito lavora senza interruzione per trasformare l’enorme padiglione dell’ExCel Exhibition Centre, che si affaccia sul Royal Victoria Dock non lontano dal London City Airport, in un ospedale da campo con 4.000 letti per pazienti con coronavirus. Si prevede di aprirlo il 4 aprile e dovrebbe togliere un po’ di pressione da altri ospedali della capitale. Nell’estate 2012 aveva ospitato alcune gare delle Olimpiadi, ora ospiterà malati, ambulanze, attrezzature e personale medico.
Altri ospedali da campo sono previsti a Manchester e a Birmingham. Presso l’aeroporto di Birmingham è in costruzione anche un’enorme camera mortuaria in previsione dei decessi che aumenteranno. Ma è una corsa contro il tempo: i contagi raddoppiano ogni 3 o 4 giorni.