LONDRA – La catena americana Starbucks servirà caffé solo in tazze di carta in nome del contenimento del coronavirus, un’emergenza diventata improvvisamente più importante di quella ambientale. L’iniziativa ambientalista che ripagava – con uno sconto di un quarto di sterlina – i clienti che portavano da casa/ufficio la loro tazza riutilizzabile è stata temporaneamente abbandonata.



I clienti del grossista Costco, sede di Croydon (sud di Londra) devono invece mettersi in fila e aspettare che un addetto spruzzi di disinfettante i loro carrelli all’entrata del megastore. E ancora, i clienti di alcuni grandi supermercati inglesi hanno riempito i loro carrelli di scorte di carta igienica, lasciando gli scaffali desolatamente vuoti. Colpa del coronavirus. Pare che lo abbiano fatto anche in Australia, dopo l’annuncio del primo caso di morte per il virus. Non solo, ci sono precedenti illustri a Singapore, Hong Kong e in Giappone. Pare proprio che una delle maggiori paure del popolo in tempi di epidemia da coronavirus sia…. restare senza carta igienica. Oh well… non dev’essere simpatico restare senza. Pare che in queste ore gli inglesi abbiano spazzato via dagli scaffali dei supermercati – in una frenesia di panic buying – carta igienica, sapone liquido per le mani, pasta e riso.



Quanto ai popolarissimi gel antibatterici per le mani, la catena farmaceutica Boots li ha dovuti razionare. In diversi negozi Boots si applica la regola di due gel antibatterici per cliente. Scene già viste? Eppure continuano a ripetersi, nonostante le rassicurazioni del governo (ma chi ci crede più ai politici?)

Poi c’è un piccolo giallo. Che effettivamente contribuisce a insinuare dubbi in noi poveri consumatori terrorizzati dalla prospettiva di una quarantena (e di restare senza carta igienica). Giovedì il ministro della Salute Matt Hancock ha detto in tv che il governo sta lavorando con i supermercati per assicurare che, se la gente si dovrà auto-isolare, continuerà a ricevere alimenti e altri generi di necessità. Ma i supermercati hanno smentito di aver discusso con il governo la consegna a domicilio della spesa. Un dirigente di una catena ha persino dichiarato a un giornalista della BBC che il ministro “si è completamente inventato quel che ha detto sul lavoro con i supermercati”. Imbarazzante.



La cosa interessante è che la Gran Bretagna ha già affrontato il problema della possibile mancanza di generi di prima necessità, come certi alimenti o medicine. Il governo di Theresa May, prima ancora dell’attuale, aveva messo a punto una serie di piani di stoccaggio in vista di uno scenario di hard Brexit, ovvero nell’ipotesi di un’uscita senza accordo dall’Unione Europea. Sono stati spesi 4 miliardi di sterline per fare scorte di beni che – in vista di un no-deal con Bruxelles – potrebbero scarseggiare. Chissà, potrebbero servire molto prima.

Le aziende si stanno organizzando per far lavorare da casa gruppi di persone, a turno, come misura preventiva. Ma ci sono anche casi sempre più frequenti di uffici che chiudono. In settimana, Facebook ha mandato a casa tutti i dipendenti dopo che un impiegato è risultato positivo al coronavirus. Anche il gruppo bancario HSBC ha mandato un centinaio di persone a casa dopo la scoperta di un lavoratore contagiato. Il decimo piano del palazzo della banca a Canary Wharf è stato disinfettato.

Intanto il premier Boris Johnson ha annunciato un investimento di 46 milioni di sterline destinati soprattutto alla ricerca per sviluppare possibili vaccini e per creare un test per il coronavirus che possa dare risultati in 20 minuti (invece che in due giorni). Tra giovedì e venerdì c’è stata un’impennata di nuovi casi (ufficiali) di Covid-19, al momento sono in tutto più di 200. Due pazienti anziani, che avevano altre malattie, sono deceduti.

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