Arrivano nuovi tragici aggiornamenti sull’emergenza coronavirus negli Usa. New York è la città più colpita dal Covid-19 e nelle scorse ore è stata registrata la morte di un bambino: le autorità hanno deciso di un rivelare l’età del piccolo – già affetto da patologie preesistenti – ma si tratta del primo caso in tutto il mondo. Il numero di decessi a NY supera quota 1.300, oltre il 40% di tutti i decessi della Nazione. Nuovi aggiornamenti anche da Los Angeles, dove il sindaco Eric Garcetti ha annunciato la sospensione di sfratti per persone e aziende che non possono pagare gli affitti a causa dell’emergenza coronavirus. Ai proprietari degli immobili è anche vietato di aumentare i costi di affitto degli appartamenti: «Se non puoi pagare l’affitto a causa di questa emergenza, non puoi essere sfrattato», le parole del primo cittadino. Gli inquilini residenziali hanno 12 mesi per pagare gli arretrati dopo la fine dell’emergenza, mentre gli inquilini commerciali avranno 3 mesi. (Aggiornamento di MB)
CORONAVIRUS USA: DA META’ APRILE 2000 DECESSI AL GIORNO
“La decisione del presidente Donald Trump di estendere le linee guida per la distanziamento sociale fino al 30 aprile è arrivata dopo che i funzionari hanno esaminato 12 diversi modelli statistici“: l’ha confessato la dottoressa Deborah Birx, la coordinatrice del team per la risposta sanitaria al Coronavirus della Casa Bianca, durante un briefing con la stampa. Secondo le ipotesi più accreditate, si stima che più di duemila persone potrebbero morire ogni giorno negli Stati Uniti a metà aprile, quando si prevede che il virus colpirà il Paese duramente. “Il modello – ha aggiunto la dottoressa Birx – prevede che 224mila letti d’ospedale saranno necessari intorno al quindicesimo giorno del prossimo mese, quando si stima che gli USA raggiungeranno il picco di utilizzo delle risorse”. In conclusione, preventivando una prosecuzione delle misure di contenimento sino a maggio, le proiezioni sono davvero nefaste e si traducono in un numero abominevole: 82mila. Da riferire al totale di morti previsto negli Stati Uniti d’America entro agosto.
CORONAVIRUS USA: BLACK MONDAY CON PIÙ DI 500 DECESSI
Primatisti, loro malgrado, per numero di casi (164.266), gli USA continuano ad essere flagellati dall’epidemia di Coronavirus, che ha ormai invaso tutti gli Stati a stelle e strisce. In crescita, purtroppo, anche il computo dei decessi, che si attesta ora a quota 3170, con più di 500 morti avvenute nella sola giornata di lunedì 30 marzo 2020, per quello che può essere definito senza timore di smentita il “Black Monday” d’America. Ognuno degli Stati annovera almeno un deceduto per Covid-19 (eccezion fatta per le isole Hawaii e per il Wyoming) e il sistema sanitario nazionale sta pagando a caro prezzo questa situazione emergenziale, che lo sta conducendo gradualmente al collasso: i medici e il personale sanitario sono allo stremo delle forze, ma non si arrendono e continuano a combattere contro il nemico invisibile, anche se, talvolta, lo sconforto prende il sopravvento. “Stiamo lentamente scendendo nel caos”, ha dichiarato ai media statunitensi un medico traumatologo del Jackson Memorial Hospital di Miami. “Io e i miei colleghi, quando abbiamo finito di dare assistenza ai pazienti positivi al Coronavirus, torniamo in terapia intensiva per curarne altri”. Perché questa malattia non conosce sosta e non ammette spazi vuoti.
CORONAVIRUS USA: ANCHE I PIÙ GIOVANI HANNO COMPLICAZIONI
La vita difficile dei professionisti della sanità USA si percepisce nitidamente in queste ore anche a New York, l’area finora più colpita dal Coronavirus, dove mancano i ventilatori salvavita. “Non ci sono dispositivi sufficienti”, ha affermato un medico. “Ci sono così tanti pazienti che sembra impossibile stare al passo con la domanda”. E non sono solo gli anziani ad avere gravi complicazioni, come peraltro ormai si è definitivamente capito: sempre più giovani vengono ricoverati in ospedale con il Covid-19 e non mancano i ventenni intubati. A Boston, “stiamo vedendo molti giovani che si ammalano seriamente nelle nostre unità di terapia intensiva”, ha dichiarato la dottoressa Rochelle Walensky, capo delle malattie infettive del Massachusetts General Hospital. “Quindi, quando vi chiediamo di restare a casa, vi diciamo di restare a casa perché non sappiamo chi saranno i prossimi infetti. Noi purtroppo non abbiamo modo di prevedere chi fra i ragazzi si ammalerà di più”. Insomma, negli Stati Uniti d’America, esattamente come in Italia e negli altri Paesi dell’orbe terracqueo, l’unico strumento disponibile è la prevenzione.