Gli Stati Uniti d’America si confermano, loro malgrado, sempre più “primatisti” nell’ambito della pandemia di Coronavirus; sono infatti 678.210 i casi positivi riscontrati sino ad oggi, con un numero di decessi totali che ha raggiunto quota 34.641 vittime. A differenza dell’ottimismo e dell’impeto mostrati nei giorni scorsi in conferenza stampa, in queste ore il presidente degli USA, Donald Trump, ha inserito la retromarcia e scelto la via della prudenza per quanto riguarda l’uscita della sua nazione dal confinamento: “Dovranno essere i governatori degli Stati a decidere quando ripartire”. Non v’è dunque una linea guida presidenziale da seguire, bensì una sorta di autogestione basata sulle indicazioni che giungono dal settore sanitario e dalle autorità di riferimento. L’esortazione del tycoon è comunque stata quella di accelerare la ripresa, ma, a tal proposito, il governatore di New York, Andrew Cuomo, ha già risposto con un’azione significativa: proroga delle misure di contenimento sino al 15 maggio. Del resto, il suo, è lo Stato più flagellato dal Covid-19 fino a questo momento.
CORONAVIRUS USA: NASCONDO TRE GRUPPI DI GOVERNATORI
Donald Trump ha virtualmente incontrato in videochiamata i 50 governatori degli Stati USA, durante la quale ha confermato quanto esternato in conferenza stampa alla Casa Bianca. Una sorta di “fate voi, siete persone in gamba, ho piena fiducia nelle vostre capacità”. Non proprio un “me ne lavo le mani” alla Ponzio Pilato, ma poco ci manca. Così, con questo peso scaricato interamente sulle loro spalle, i presidenti dei singoli Stati americani si sono riuniti in tre diversi gruppi di coordinamento, suddivisi con il criterio delle aree geografiche, e la sensazione emersa finora è che nessuno si ritenga veramente pronto a ripartire. Stando a quanto prospettato loro da Trump, l’idea è quella di procedere seguendo una road map che si fondi su alcuni criteri cardine, quali il decrescente numero di contagi per un totale di quattordici giorni consecutivi e la maggior disponibilità di posti letto negli ospedali nazionali, che suggerisca, almeno idealmente, un ritorno alla fase pre-Coronavirus.