Il Coronavirus negli USA fa registrare un nuovo, poco invidiabile primato: nella nazione a stelle e strisce il bilancio delle vittime dall’avvento della pandemia a oggi, complice anche l’aumento di 2.502 unità nelle ultime ventiquattr’ore ha superato quota 60mila, attestandosi precisamente a 61.669. Numeri affatto incoraggianti e che testimoniano, se mai ve ne fosse stato ulteriore bisogno, l’estrema gravità della crisi epidemiologica a livello intercontinentale. Negli Stati Uniti d’America, inoltre, i casi finora confermati sono stati 1.064.572 e la preoccupazione è tornata inevitabilmente a salire, così come la tensione, che spesso e volentieri finisce per mischiarsi alla campagna elettorale, in vista delle presidenziali in programma il prossimo 3 novembre. Il candidato democratico alla Casa Bianca, Joe Biden, ha infatti lanciato un attacco velato (ma non troppo) all’attuale presidente (e suo avversario) Donald Trump. Su Twitter ha scritto: “Indossare la mascherina in pubblico. Leggere i briefing quotidiani. Ascoltare gli esperti. Non è una cosa difficile. È buon senso”.
CORONAVIRUS USA: SI VA VERSO L’AUTORIZZAZIONE ALL’UTILIZZO DEL REMDESIVIR
Parallelamente (e fortunatamente), però, si continua a monitorare con attenzione i numeri tragici connessi al Coronavirus, tanto che la Food and Drugs Administration americana sarebbe ormai pronta a fornire l’autorizzazione in emergenza del farmaco sperimentale Remdesivir nei pazienti affetti da Covid-19. L’antivirale, prodotto dalla società americana Gilead Science, è stato testato su un gruppo di malati e ha accelerato del 31% i tempi di guarigione, ha spiegato l’istituto della sanità a stelle e strisce. Tuttavia, nei giorni scorsi, il Financial Times aveva rivelato come il farmaco non avesse superato i test cruciali e dimostrato di non favorire la guarigione dei pazienti né di impedirne il loro decesso a causa del virus. “Ha fallito nella sua prima sperimentazione clinica randomizzata, deludendo scienziati e investitori che avevano grandi speranze”, scriveva il quotidiano, menzionando apertamente i risultati di un test clinico condotto in Cina e pubblicato per errore sul sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).