DIARIO DA NEW YORKA guardare fuori dalla finestra verrebbe da dire che è tutto normale, tranquillo, silenzioso come se fosse una qualsiasi domenica mattina, sul presto. Forse verrebbe da pensare che è un po’ troppo tranquillo anche per un quartiere di per sé solitamente pacifico come quello in cui viviamo noi. New York City non è fatta solo dei grattacieli di Manhattan. Transitano pochissime macchine, nessuno sui marciapiedi, in fondo all’isolato, poco lontano, il parco sembra deserto anche lui.



New York spettrale, come in un film di fantascienza, di quelli che tolgono il fiato tenendoti sospeso nell’attesa di non si sa bene che cosa, ma comunque catastrofico. Anche noi, newyorkers, vediamo questa città come la vedete voi che siete a migliaia di chilometri, di là dell’oceano. La nostra New York la vediamo in televisione, così come in televisione vediamo i suoi ospedali che si riempiono, gli operatori sanitari stremati, i bollettini di guerra delle autorità. In televisione, come voi, seduti nella living room, vicinissimi a quel che succede eppure così lontani. Tanto da sembrare il mondo di altri, non il proprio. Finché la salute assiste.



Anche se a New York City starsene a casa è ancora solo un insistente invito e non un ordine perentorio, ognuno ormai vede di questa città, della sua città, solo quello scorcio che la finestra gli offre: un paio d’alberi, le strade deserte. E grande silenzio. Per i più fortunati, come noi, anche gli scoiattoli e i fiori. Nella backyard gli scoiattoli e i fiori sanno che è primavera, non sanno della pandemia. Non è che noi sappiamo molto di più di scoiattoli e fiori, ma qualcosa di più potremmo capire.

C’è grande incertezza su tutto, c’è senso di smarrimento, c’è chi comincia a pensare – e a scrivere – che stiamo combattendo una battaglia persa, che anche la nostra fortificazione difensiva, il nostro barricarci in casa ad un certo punto cederanno. E sarà Doomsday, il giorno del giudizio universale. E c’è invece anche chi si ostina a pompare ottimismo, cercando di convincerci e convincersi che questo disastro passerà e noi saremo tra quelli che potremo raccontarla. Sebbene ogni giorno decine di migliaia di persone perdano lavoro e salario bisogna credere che anche l’economia guarirà, in fretta, e magari quei due trilioni di dollari dello stimulus plan che le Camere hanno appena approvato saranno il ventilatore che ci ridarà fiato. Catastrofe o ripresa, esiti opposti annunciati da profeti incapaci di vedere e vivere la cosa più evidente e più importante: il presente.



Il seme del futuro sta tutto nel cuore e nelle opere di chi offre quel che può e quel che è chiamato a fare. Oggi.

God Bless Us All!

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