Caro direttore,
a distanza di ormai due mesi dall’inizio della pandemia di Covid-19 che ha colpito l’Italia, desidero scriverle per condividere alcune riflessioni e sottoporle quanto sto vedendo accadere dall’altra parte del mondo, in Florida per l’esattezza, dove vivo da ormai cinque anni. Qui i primi casi di Covid-19 risalgono allo scorso 1° marzo, e da quel momento, come un po’ in tutto il mondo, l’epidemia si è inesorabilmente diffusa a macchia d’olio in tutto lo Stato, fino ad arrivare a superare i 21.000 casi totali. Considerato che i positivi sono quasi tutti concentrati nella zona centro-meridionale della penisola, che la popolazione complessiva del Sunshine State è di circa 20 milioni di abitanti e che i morti totali a oggi sono meno di 600, mi sembra di poter dire che le misure tempestivamente prese dal Presidente Federale Trump di concerto con il Governatore DeSantis si stiano rivelando efficaci.
Anche in Florida, come in quasi tutti gli Stati Uniti, il Governatore, su suggerimento federale, ha approvato un’ordinanza per chiedere alle persone di limitare gli spostamenti al necessario e mantenere aperti solo i servizi essenziali. Mi sembra, tuttavia, interessante notare alcune peculiarità: innanzitutto il titolo del decreto, “Safer-at-Home” [Più sicuri a casa], vuole sottolineare come non si tratti di un ordine perentorio, ma di una campagna per informare i cittadini su quali siano le misure che ciascuno deve liberamente e coraggiosamente prendere per limitare l’epidemia e vivere al sicuro. A tal proposito, i servizi ritenuti essenziali sono molti: i ristoranti sono aperti per il take away, così come le librerie, i negozi (ovviamente con il drive through: si ordina online e si passa a ritirare in auto) e le scuole per il personale amministrativo o i docenti, ma anche le chiese per non limitare la libertà religiosa. Si invita ciascuna chiesa a valutare le condizioni migliori per accompagnare i propri fedeli in sicurezza in questo periodo. L’unica vera limitazione è la chiusura dei parchi statali e il no agli assembramenti di più di 10 persone nello stesso luogo.
Risultato? I servizi online sono cresciuti, le persone restano liberamente a casa e in sicurezza, chiunque ormai indossa la mascherina (per la maggior parte fai-da-te), i contagi sono diminuiti (nella regione dove abito, nel nord della Florida, si contano ormai 8 positivi di media al giorno, e per ora nessun morto), si può tranquillamente dire che ci stiamo abituando a vivere nella cosiddetta Fase 2, anche se siamo ufficialmente ancora durante il periodo di lockdown. Solo per fare un esempio, i supermercati si sono già organizzati per disinfettare i carrelli all’ingresso prima di ogni utilizzo, hanno linee di direzione tracciate sul pavimento per evitare incontri/scontri tra clienti, le casse hanno schermi di plexiglass per proteggere gli impiegati, si può pagare con ApplePay o PayPal per evitare di “contaminarsi” con i contanti o con il touch screen della carta di credito, e si potrebbe continuare con le pompe di benzina, le poste, le farmacie…
Il repentino cambiamento in termini di stile di vita che sto vedendo in questo mese mostra, a mio avviso, che laddove si ha fiducia nei cittadini, li si coinvolge nelle decisioni anche difficili da prendere, li si informa di ciò che accade, questi rispondono positivamente e in modo virtuoso. Il Florida Department of Health pubblica due volte al giorno un report con numero di test effettuati, contagiati, ospedalizzati, indicando anche lo Zip-Code delle aree in cui le persone si sono ammalate in modo da favorirne l’isolamento, e i Governatori e il Presidente Federale conducono una conferenza stampa giornaliera per spiegare dati, evidenziare problematicità, ipotizzare misure da prendere. Tutti segni che indicano che un’emergenza come quella che stiamo vivendo possa essere affrontata senza uno statalismo paternalistico che ti dice cosa fare, ma scommettendo sulla società, valorizzandola e responsabilizzandola.
Nel frattempo, insieme al cambio di abitudini di vita, una della prime azioni che il Governo Federale ha intrapreso, di concerto con i Governatori degli Stati, è stato di aumentare la capacità di effettuare tamponi per identificare i focolai e isolarli. A tale scopo Trump ha autorizzato compagnie private a sviluppare e diffondere test sul territorio. Ne è risultato un aumento esponenziale dei tamponi effettuati, con risultati efficaci, pur se perfettibili: anche qui si chiede di aumentare il numero dei test, che negli ultimi trenta giorni, in Florida, sono stati poco più di 204.000. Nelle aree maggiormente colpite i tamponi avvengono con il drive-through, mentre negli ospedali test speciali per il personale sanitario danno risultati positivi al Covid-19 in soli 3 minuti, e negativi in 13 minuti, con la conseguente possibilità di isolare immediatamente i contagiati.
All’inizio il tampone costava a ciascun paziente 5 dollari: dopo pochi giorni di inevitabili appelli sui giornali, è ora interamente sovvenzionato dallo Stato, mentre il Governo Federale ha deciso di garantire cure gratuite per il Covid-19 su tutto il territorio, a prescindere dall’esistenza di un’assicurazione medica.
Infine, le misure economiche: in pochi giorni il Governo Federale americano ha proposto al Congresso, che ha approvato quasi all’unanimità, un piano di aiuti (Cares Act) per sostenere i cittadini in questo periodo di difficile crisi. La misura più consistente è certamente uno stanziamento di 1.200 dollari a persona per i redditi fino a 75.000 dollari all’anno, a cui vanno aggiunti 500 dollari per ogni figlio. Un piano di aiuti significativo e tempestivo, se si pensa che i primi contributi stanno arrivando già in questi giorni (non bisogna farne richiesta, ma sono accreditati direttamente sul conto corrente da cui si è fatta la dichiarazione dei redditi 2019 o 2018).
In un momento in cui in Italia e in Europa si è acceso il dibattito sulla Fase 2, e ognuno percorre una strada differente, mi sembra di poter dire, da quanto vedo negli Stati Uniti, che un diverso approccio sia possibile, con tutti gli attori in gioco (politici, scienziati, cittadini) che collaborano per una soluzione il più possibile efficace, e con ognuno che si assume le responsabilità che il ruolo gli chiede. Prendendosi certamente anche dei rischi, d’altronde inevitabili in una situazione senza precedenti come quella che stiamo vivendo. Competenza e professionalità sono necessari più che mai in questo momento, da parte della politica, del mondo scientifico ma anche dell’informazione, che troppo spesso è alla spasmodica ricerca di click e di like a discapito della verità.
Chiunque può facilmente capire che paragonare il numero di contagiati o di morti negli Stati Uniti con quelli italiani non ha nessun significato, se non quello di “creare la notizia” (si mettono a confronto un Paese di 308 milioni di abitanti con uno di 60…). Se si guardano i dati, lo stesso Stato di New York, sicuramente uno dei focolai più intensi negli States, presenta un numero di contagi e morti di quasi la metà inferiore a quello italiano.
Resterà da capire come mai l’impatto del Covid-19 in Italia sia così devastante, e quali le responsabilità. Nel frattempo la speranza è che possa fermarsi la stucchevole “caccia all’untore”, con inutili elicotteri che cercano di scovare i runners in diretta televisiva, e si provi a programmare una Fase 2 avendo fiducia nei cittadini e nella loro responsabilità. Magari con l’umiltà di riconoscere che ci sono Paesi che si stanno comportando in maniera più virtuosa e stanno investendo soldi in modo più efficace, e chiedendo loro un aiuto, anche in termini di idee, per superare il momento così difficile e drammatico che stiamo vivendo.