Mentre la situazione del Covid-19 in Brasile rischia di “europeizzarsi”, trasformandolo nel nuovo centro di questa pandemia (sempre che a giugno in Europa la problematica possa risolversi), due Paesi dell’America Latina, più passa il tempo, si stanno “gemellando” nella tragedia perché il coronavirus, nonostante i numeri “ufficiali” estremamente bassi, si muove in due nazioni che di certo non hanno bisogno di questa malattia perché già vivono una tragedia economica e sociale drammatica: parlo sia dell’Argentina, ma soprattutto del Venezuela.



Ambedue governate dal populismo da anni (tranne il breve periodo di 4 anni di Presidenza di Mauricio Macri in Argentina, dove però si è avuto paura di cambiare), il Venezuela ha però raggiunto e superato i limiti del dramma.

Il chavismo e la sua interpretazione madurista hanno portato la ricchissima nazione caraibica al disastro totale con la fuga di milioni di abitanti ai quattro angoli del mondo per fuggire non solo dalla fame, ma anche dalla selvaggia repressione del regime. Il bello di questo esodo biblico risiede nel fatto che moltissimi tra i fuggitivi sono medici e infermieri stabilitisi in vari Paesi che, con la pandemia del Covid-19, hanno sofferto una crisi del sistema sanitario dovuta anche a una sostanziale mancanza di organici. Gente che ovviamente finora ha dovuto adattarsi ad altri lavori, ma che si è resa immediatamente disponibile a porre la sua professionalità al servizio della causa. Stranamente, però, l’Italia ha preferito importare medici cubani a costi incredibili (circa 3.000 euro al mese pro capite, di cui però i “dottori” ne prenderanno solo 600…. il resto va al Governo cubano). Stessa situazione si era creata sia in Bolivia che in Argentina, ma se nel primo Paese si è arrivati alla loro espulsione dopo che si è scoperto che molti di loro erano solo infermieri o operatori di ambulanze, a Buenos Aires ci ha pensato una protesta dei medici (che in Argentina abbondano) a risolvere la questione.



In Venezuela, invece, da anni i medici provenienti dall’Avana operano nell’intera nazione, un Paese dove il Covid-19 ha registrato solo 400 persone infettate (di cui 10 morte), ma dove il regime ha imposto una quarantena rigidissima che ha generato vari disordini e assalti ai supermercati, ovviamente repressi sia dalla gendarmeria che dai reparti clandestini di repressione, squadre composte spesso da ex carcerati liberati dalla prigione in cambio della loro fedeltà al potere.

Il caos è ormai totale: anche se Maduro in due giornate “sperimentali”, il 26 e 27 aprile, aveva allentato le drastiche misure di isolamento permettendo l’uscita di anziani e bambini all’aria aperta per effettuare passeggiate, molti negozi sono stati costretti ad aprire pena il loro fallimento immediato anche perché, a differenza di altri Paesi, la crisi del Venezuela era già drammatica prima della pandemia, e ha portata il Paese a limiti ormai insostenibili vista una gigantesca recessione economica che dura da anni.



Come accade sempre quando la situazione peggiora, ecco apparire il solito tentativo di golpe (ovviamente fallito) operato dagli Stati Uniti: questa volta attraverso un gruppo di mercenari con un’invasione via mare, provenienti dalla Colombia. Lo ha annunciato giorni fa il ministro degli Interni venezuelano Nestor Reverol, poco tempo dopo la scelta americana di mettere una taglia sul Presidente Maduro e il suo Governo accusandoli di narcotraffico.

Di certo in questi anni si sono ascoltate le più disparate teorie sulla successione al dittatore caraibico, con varie trattative per un ritorno alla democrazia nel Paese: tutte fallite anche perché l’opposizione guidata dal Presidente ad interim Guaidó ha perduto l’enorme seguito che aveva sia per una sostanziale incapacità di unità delle proprie forze che per la durissima repressione che si è venuta a creare nel Paese. L’occasione del Covid-19, poi, permette al regime di restringere ancor di più le già scarse libertà di un popolo, quello venezuelano, che purtroppo continua a pagare il salatissimo conto del suo errore nel credere alla “democrazia” populista come la soluzione dei mali dei precedenti Governi corrotti.

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